Dal Sud Africa il primo messaggio. Il calcio è una festa, non una scienza. Un gioco e non uno sport. Quindi tutti avanti, e magari sarà anche divertente così ma dimenticarsi di difendere non porta mai bene. Dal Mondiale alla terza categoria. Un tempo con il Messico a girare palla ma di affondare non se ne parla. I padroni di casa, sostenuti dalle insopportabili vuvuzela le trombette che incessantemente ragliano dalle tribune, danno l’impressione di capitolare ma all’intervallo l’ottimo Ct Parreira cambia completamente il volto alla squadra che organizza in contropiede le sue trame più belle. La palla calciata d’istinto da Tshabalala si incastra sotto l’incrocio e come ovvio viene giù lo stadio. Il Messico, che gioca bene a calcio ma non è dotato di un portiere, accusa e stenta e ai sudafricani viene quasi l’idea di chiuderla. Di là l’ottimo Kune salta come un grillo. Poi la maledizione difesa, quello strano e inconcepibile meccanismo da sempre tomba di tutte le squadre africane. Marquez si trova solo e pareggia. Ma la difesa non è che sia roba da spellarsi le mani nemmeno in Messico. Mpela vola via tra i cingoli dei due centrali, l’ornamentale Perez di fa trovare nella terra di nessuno ma il palo salva gli americani. E forse il pari è anche la roba più giusta.
Roberto Chiesa
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