Costruito accelerando sulle Alpi e impacchettato con la passerella di Parigi, con l'insolita presenza del suo principale rivale nel plotone che lo scorta sui Campi Elisi. Il successo al Tour di Egan Bernal è arrivato in maniera solo apparentemente banale, perché un 22enne che si prende la Grand Boucle non è roba da tutti gli anni. In 106 edizioni solo Cornet e Faber erano più giovani di lui nel giorno del trionfo e si parla dei pionieristici 1904 e 1909. L'inesperienza l'ha portato a qualche titubanza di troppo sui Pirenei, titubanza cancellata non appena la carovana è arrivata sull'arco alpino. Dove lui si è presentato da 5° a 2' 02” dalla Gialla, poi presa con 1' 11” di vantaggio sul compagno-avversario Thomas. A Valloire ha staccato i rivali e messo la freccia e salito al secondo posto, sul Col de l'Iseran è andato via di forza, si è preso la vetta e ha messo in chiaro gli equilibri interni alla Ineos e in Val Thorens ha amministrato. Ha fatto sembrare di una semplicità estrema ciò che alla sua età semplice non è, capitalizzando al massimo i segni di cedimento di un Alaphilippe andato ben oltre le proprie possibilità.
Scatti decisi piazzati al momento opportuno che sanno di inizio di una lunga epopea sportiva, cominciata con una vittoria per nulla sminuita né dall'assenza di Froome né dall'infortunio di Pinot, che sui Pirenei s'era dimostrato più in palla del campione in carica Thomas. Quest'ultimo ha accettato con signorilità la detronizzazione e nell'accompagnarlo fino a Parigi non si è limitato a fargli da scorta, indicandolo in continuazione come fossero arbitro e campione di boxe.
Una scena che si ripete anche sull'ultimo traguardo, pochi secondi dopo l'arrivo di una volata anarchica firmata dal solito Caleb Ewan. L'australiano fa tripletta – unico di questa edizione – e la fa alla sua, con una partenza da lontano che gli permette di bruciare Groenewegen e Bonifazio. Poi il passaggio di Bernal, il primo sudamericano dell'albo giallo a coronamento di un'annata magica per i latinos, aperta dal successo al Giro dell'ecuadoriano Carapaz. Per l'Italia invece nessun gioco di classifica – tolti i due giorni al comando del sorprendente Ciccone – mancanza compensata in parte dalle vittorie di tappa di Viviani, Trentin e Nibali.