L'ultima volta che la Reyer Venezia aveva vinto lo scudetto l'Italia era una monarchia e a capo del governo c'era Benito Mussolini, tanto per intenderci. Sono passati 74 anni dalla doppietta del biennio '42-43 al tiro della disperazione di Sutton di Gara 6, che terminando la sua corsa lontano dal cesto ha regalato a Venezia il terzo, attesissimo, forse ormai insperato titolo.
Scatenando così l'estasi dei tifosi orogranata, accorsi in massa al Taliercio per applaudire i loro eroi. Taliercio che però sta sulla terraferma, in quel di Mestre: un catino tropicale verrebbe da dire, visto il caldo torrido che ha accompagnato le sfide casalinghe della Reyer in questi playoff. Molti lo considerano inadatto per questi livelli e probabilmente sarà sostituito da un nuovo impianto, come ha assicurato il proprietario del club Luigi Brugnaro. E c'è da credere che il comune veneziano non farà storie, visto che il patron in questione è anche il sindaco della Serenissima. Arrivato nel 2006, Brugnaro ha raccolto una squadra che non bazzicava la A1 dal '94 e che, a suo dire, aveva dalla sua solo il calore umano del pubblico.
L'obiettivo era tornare grandi e, a piccoli passi, è stato raggiunto: nel 2011 Venezia sbarca in A1 e l'anno dopo sono subito playoff, che da allora sono mancati solo nel 2014. Due semifinali di fila e poi la stagione dell'apoteosi, che prima dello scudetto ha regalato pure la Final Four di Champions League, chiusa al quarto posto. A dimostrazione di come lo scudetto 2017 sia figlio di una crescita costante e dunque non casuale, per quanto contro pronostico. Tutti aspettavano l'oggettivamente più forte Milano, caduta a sorpresa con Trento. In regular season sotto le scarpette rosse c'era la Reyer, che si è ritrovata lo scettro e ha dimostrato di esserne degna, liquidando Pistoia, Avellino e la carnefice dell'Olimpia.
Il trionfo di un gruppo privo di fuoriclasse ma zeppo di ottimi giocatori, tanto che il 4-2 su Trento ha avuto più di un protagonista: le vittorie in gara 2 e 3 sono arrivate grazie a Haynes e Stone, mentre Bramos, pur non brillando, ha deciso con una bomba allo scadere quello che è stato il crocevia della serie, gara 5. Non inferiore il contributo di Ejim, MVP della finale, di Peric, divenuto miglior realizzatore all time di Venezia nei playoff, del capitano Ress, decisivo nei momenti chiave e al suo 7° scudetto, e di Batista, il cui lavoro sotto canestro è stato fondamentale soprattutto contro il colosso avellinese Fesenko, in semifinale.
Poi Filloy, l'azzurro Tonut e ovviamente coach De Raffaele, al suo primo titolo in carriera. Che va a compensare quello scivolatogli dalle mani in maniera assurda, da giocatore, nell'89, quando la sua Libertas Livorno perse contro Milano per un canestro allo scadere giudicato non valido e che tuttora fa discutere. Ad allenarlo c'era il mitico Alberto Bucci, che oggi gode del successo del mai dimenticato allievo.
RM
Scatenando così l'estasi dei tifosi orogranata, accorsi in massa al Taliercio per applaudire i loro eroi. Taliercio che però sta sulla terraferma, in quel di Mestre: un catino tropicale verrebbe da dire, visto il caldo torrido che ha accompagnato le sfide casalinghe della Reyer in questi playoff. Molti lo considerano inadatto per questi livelli e probabilmente sarà sostituito da un nuovo impianto, come ha assicurato il proprietario del club Luigi Brugnaro. E c'è da credere che il comune veneziano non farà storie, visto che il patron in questione è anche il sindaco della Serenissima. Arrivato nel 2006, Brugnaro ha raccolto una squadra che non bazzicava la A1 dal '94 e che, a suo dire, aveva dalla sua solo il calore umano del pubblico.
L'obiettivo era tornare grandi e, a piccoli passi, è stato raggiunto: nel 2011 Venezia sbarca in A1 e l'anno dopo sono subito playoff, che da allora sono mancati solo nel 2014. Due semifinali di fila e poi la stagione dell'apoteosi, che prima dello scudetto ha regalato pure la Final Four di Champions League, chiusa al quarto posto. A dimostrazione di come lo scudetto 2017 sia figlio di una crescita costante e dunque non casuale, per quanto contro pronostico. Tutti aspettavano l'oggettivamente più forte Milano, caduta a sorpresa con Trento. In regular season sotto le scarpette rosse c'era la Reyer, che si è ritrovata lo scettro e ha dimostrato di esserne degna, liquidando Pistoia, Avellino e la carnefice dell'Olimpia.
Il trionfo di un gruppo privo di fuoriclasse ma zeppo di ottimi giocatori, tanto che il 4-2 su Trento ha avuto più di un protagonista: le vittorie in gara 2 e 3 sono arrivate grazie a Haynes e Stone, mentre Bramos, pur non brillando, ha deciso con una bomba allo scadere quello che è stato il crocevia della serie, gara 5. Non inferiore il contributo di Ejim, MVP della finale, di Peric, divenuto miglior realizzatore all time di Venezia nei playoff, del capitano Ress, decisivo nei momenti chiave e al suo 7° scudetto, e di Batista, il cui lavoro sotto canestro è stato fondamentale soprattutto contro il colosso avellinese Fesenko, in semifinale.
Poi Filloy, l'azzurro Tonut e ovviamente coach De Raffaele, al suo primo titolo in carriera. Che va a compensare quello scivolatogli dalle mani in maniera assurda, da giocatore, nell'89, quando la sua Libertas Livorno perse contro Milano per un canestro allo scadere giudicato non valido e che tuttora fa discutere. Ad allenarlo c'era il mitico Alberto Bucci, che oggi gode del successo del mai dimenticato allievo.
RM
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