Ogni sport ha i propri monumenti, per il basket ho scelto Michael Jordan, che la stragrande maggioranza degli esperti considera il più grande giocatore di sempre. Il suo palmares parla di 6 titoli NBA, nel corso dei quali è sempre stato premiato come miglior giocatore delle finali, nonostante per due anni si fosse ritirato, per motivi che nessuno saprà mai, altrimenti forse sarebbero stati otto consecutivi. Ha vinto il suo primo titolo nel 1991 a ventotto anni, ma solo perché prima non aveva i compagni giusti per vincere e veniva ingiustamente considerato un ottimo giocatore, ma non un vincente, ma il suo rendimento è sempre stato da numero uno assoluto. Era una guardia, il secondo ruolo per bassa statura dopo il play maker, era un giocatore completo in ogni aspetto offensivo e difensivo, in grado di vincere contemporaneamente la classifica dei punti e il premio di difensore dell’anno, era un atleta spaventoso, ma non è di questo che voglio parlare, bensì della persona e del personaggio nel mondo del basket. Ci sono stati dei sondaggi in cui Michael Jordan è stato votato miglior sportivo della storia, davanti al pugile Mohamed Ali. In campo nei primi minuti della partita si preoccupava di far segnare i compagni, per metterli in ritmo, perché era consapevole del fatto che i suoi tantissimi punti avrebbe potuto segnarli quando voleva e quando contava, anche quindi nei minuti finali delle partite equilibrate. E’ stato il più grande competitore e perfezionista, che sia mai visto su un campo di basket, accettava ogni duello con chiunque in ogni circostanza, lo faceva per sé stesso, per la sua squadra e per il pubblico. In una partita sbagliò due tiri liberi consecutivi e il giorno dopo alle 7.30 il custode andò ad aprire il campo d’allenamento e trovò Jordan da solo, che tirava i tiri liberi, perché essere il numero uno, costa sacrifici e dedizione al lavoro; in un’altra circostanza scommise col pivot avversario Dikembe Mutombo, che avrebbe segnato un tiro libero ad occhi chiusi e lo realizzò, tra gli applausi dello sportivo pubblico rivale. Merita un approfondimento la reciproca antipatia tra Michael Jordan e l’allenatore Pat Riley, riconosciuto come uno dei più grandi allenatori della storia; Riley era un allenatore con un ego molto grande, che tendeva quasi a considerare il suo operato, più importante di quello dei giocatori in campo e un giorno stilò le “Jordan rules”, dieci cose che secondo lui i difensori dovevano fare, per fermarlo, ma il risultato fu che Jordan contro di lui segnò oltre 40 punti. Il coach rivale disse che Jordan era furbo, perché si faceva amici i suoi marcatori, ridendo e scherzando con loro, così questi ultimi non difendevano su di lui con la cattiveria giusta e allora Jordan nella partita successiva segnò ancora più punti, mostrando ad ogni azione la faccia cattiva agli avversari e guardò Pat Riley in panchina, dicendogli: “E adesso che scusa troverai?” Un altro simpatico aneddoto fu in una partita in trasferta contro Utah, dove Jordan schiacciò sulla testa di John Stockton, che era tredici cm più basso di lui e allora un tifoso rivale gli disse che era troppo facile, prendersela con uno così piccolo; Jordan nell’azione successiva schiacciò sulla testa del pivot rivale di duecentoundici cm, tredici cm più alto di lui, poi andò dal tifoso e gli chiese se questo rivale era abbastanza grande. Nell’articolo precedente vi avevo già raccontato di quando nel 1992 all’interno del “dream team”, Michael Jordan sconfisse “Magic” Johnson in una partitella seria, per determinare chi fosse il leader della squadra, dicendogli che c’era un nuovo sceriffo in città, con Johnson che disse a Larry Bird che stava dicendo la verità. Per concludere cito la sua frase più epica a carriera finita, quella che lo descrive meglio, che è citata anche in uno spot della Nike: “Nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ho fallito ripetutamente, ma è per questo che alla fine ho vinto tutto”. Se vuoi essere il Dio supremo, non devi mai accontentarti di come sei, ma devi sempre migliorare..
Andrea Renzi.