Una Nba sempre più globale
L'apertura della NBA verso i giocatori stranieri iniziò a fine anni ottanta, grazie alla moderna, lungimirante ed espansionistica politica del Commissario Esecutivo David Stern. L'obiettivo era quello di avere nella Lega più competitiva del mondo anche i migliori giocatori di più paesi possibili, per invogliare gli appassionati di quei paesi a seguire maggiormente la NBA. L'attuale Commissario Esecutivo della NBA Adam Silver ha proseguito la strada tracciata dal suo mentore e oggi stagione 2020 – 21 ci troviamo centosette giocatori stranieri in NBA e altri dieci che fanno la spola tra NBA e G League, la lega americana minore rispetto alla NBA. Tutti i sei continenti America del Nord, America del Sud, Europa, Asia, Oceania, Africa sono ben rappresentati in NBA, ma questo non è dovuto solo alla ottima politica espansionistica della NBA, ma anche al progresso del basket nei paesi stranieri.
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Una trentina di anni fa erano poche le nazioni che possedevano dei grandi campioni in grado di avere grande o medio successo in NBA, ma oggi anche nazioni come Svizzera, Egitto, Finlandia hanno giocatori in grado di competere coi professionisti a stelle e strisce. Questo è dovuto al fatto che il basket è una disciplina che Stati Uniti a parte, negli altri paesi fino a pochi decenni fa era poco radicata. Va comunque detto che in Europa ci sono sempre stati fuoriclasse in grado di fare la differenza in NBA, ma prima erano circoscritti a poche nazioni, in particolare quelle del blocco sovietico, quelle della ex Jugoslavia e in misura nettamente minore Italia, Brasile, Grecia e Spagna. Tutto questo fermo restando che gli Stati Uniti sono sempre la nazione nettamente più forte delle altre, anche se nelle ultime due stagioni NBA l'MVP della Regular Season è stato il greco Giannis Antetokounmpo e in questa per il momento i principali candidati sono il serbo Nikola Jokic e il Camerunense Joel Embiid.
Andrea Renzi