Il punto è strappato, morsicato, graffiato. Ma conta uno o forse conta anche di più. Sicuramente inatteso alla vigilia, lontano anni luce dopo un tempo nel quale il Verona ha disposto a piacimento, è passato, e se un difetto la squadra di Mandorlini l'ha avuto è stato quello di giochicchiare al gatto col topo tenendo vivo l'avversario. E' mancato quello che nell'Nba è il killer Instinct, marker di tutte le squadre di successo. E infatti il Verona non vince, si inceppa dopo l'intervallo quasi sorpreso da un ritorno di crosta di un Cesena rivitalizzato all'improvviso da 15 minuti di urla bisole nello spogliatoio del Bentegodi. Esce più cattivo, meno ingambato il bianconero, aiutato dall'eurogol di Djokovic che è bello e casuale metà e metà, ma che mette le basi per l'ultima mezz'ora di trincea lucida e nemmeno troppo bassa. E' un punto come un altro a leggerlo in classifica, ma ha un peso specifico diverso. In casa della seconda che normalmente asfalta tutto ciò che gli capita davanti, rimontare è come ritornare alla vita. Una flebo di autostima un cerottone, un legaccio a tutto quel magmatico disordine che fino a gennaio va solo addomesticato.
Roberto Chiesa
Roberto Chiesa
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