L'inglese che ha cambiato il calcio irlandese è morto questa mattina a 85 anni. Jack all'anagrafe, per tutti Jackie, era l'altro Charlton. Fratello del più giovane e talentuoso Bobby eppure eroe di Wembley e difensore della nazionale e del Leeds. Ma è da allenatore che Jackie si è affrancato dalle parentele e cominciato a brillare di luce propria. Commissario Tecnico, ha fatto la storia dell'Irlanda portandola all'Europeo '88 e arrampicandola ai quarti di finale di Italia '90 sconfitta nelle notti magiche dagli azzurri di Vicini con un gol dell'indemoniato Schillaci. Al ritorno a casa gli fu conferita la cittadinanza onoraria della quale andava fiero senza però derogare da uno stile rigoroso e schivo. E quando l'Independent lo definì "Saint Jack", ringraziò imbarazzato facendo capire che sarebbe bastato anche meno. Quando nel '96 decise di chiudere, chiuse. Nonostante ancora tante offerte e tanti ruoli decise di ritirarsi e consumare i giorni tra salotto e giardino, tra pochi amici, molti libri, e la famiglia. Pochissime interviste, ricordi col contagocce. Un'autobiografia nella quale ha rivelato anche rapporti raffreddati dopo il matrimonio di suo fratello Bobby con Norma. L'aeroporto di Cork ospita una sua statua che lo raffigura nell'atto di pescare, l'altra grande passione di Jackie Charlton. Il calcio d'oltremanica perde un vecchio saggio che ha fatto silenziosamente la storia lasciando ad altri il compito di raccontarla per poi magari rileggerla, sorridendo, senza farsi vedere.
Roberto Chiesa