Nel segno del Chicarito: Messico - Giappone 2-1
L'America Centrale batte un colpo sul finire di frazione: Giovani Dos Santos, uno dei più bei prospetti ostentati da questa manifestazione, scappa via sulla corsia mancina e calibra un traversone per Guardado, il cui volo d'angelo brilla per precisione. Troppa.
Si va al riposo a reti inviolate, in un clima da partitella tra amici in tribuna come in campo. Ma dai blocchi scatta meglio il Messico: Guardado torna a battere la parallela di competenza e arrota un mancino sul primo palo che premia il tempismo e l'incredibile cinismo del Chicharito Hernandez, uno di quegli attaccanti che rischi di perdere di vista per 45 minuti, salvo ritrovarlo felice e gaudente sul tabellino dei marcatori. Decisivo anche lo svenimento di Kawashima tra i pali.
Il Messico ci prende gusto e sei minuti dopo raddoppia: Dos Santos dalla bandierina pesca la spizzata di Mier all'altezza del primo palo. La testa che spunta nel mucchio, manco a dirlo, è quello della punta dello United, che sale a quota 3 gol – tutti quelli della propria nazionale. La Torre in panchina esulta come se non ci fosse un domani, chissà forse sapeva quel che di lì a poco è successo. Shinji Kagawa si desta dal suo sonno lungo 86 minuti e pesca Endo con uno splendido taglio: questa volta la combinazione tra il capitano e Okazaki è nettamente al di qua della linea dell'offside e matura così il 2-1 finale, nonostante l'impegno del numero nove giapponese. Di là a tempo scaduto Hernandez si guadagna un rigore così così e lo calcia alla stessa maniera, fallendo l'aggancio a Torres in testa alla classifica marcatori a quota quattro. Ma in un girone con Brasile, Italia e Giappone. Già, il Giappone. Spenti gli estremo orientali, che sono parsi provati anche mentalmente dal 3-4 con l'Italia. Per Zac il lavoro è ancora tanto, a partire dal questo cucchiaio di legno.
Luca Pelliccioni