L'Italia è tornata a casa, sbarcando in una Fiumicino dai toni cromaticamente accostabili agli umori: domina il grigio. Fratture, incomprensioni, bocciature e accuse: nel lungo viaggio dal Brasile la nazionale azzurra ne ha di bagagli e zavorre a cui rinuncerebbe volentieri. Il futuro immediato è quanto mai incerto: la Federazione deve trovare un CT e un Presidente, se non si battesse la via del commissariamento. I problema è nel presente, il modello nel passato: come uscirne?
Albertini: "Dobbiamo avere l'obiettivo di tornare ai livelli degli anni Novanta, in cui eravamo il top mondiale e tutti ci guardavano con invidia e volevano recuperarci. Credo poi che dobbiamo cercare i perché (di quanto successo e le ragioni del fallimento del sistema calcio) senza paura di quanto potremmo trovare".
Ricostruire non è più un'opzione, ma un dovere. E qualcuno è anche disposto a rivedere le proprie posizioni, qualora ve ne fosse la necessità.
Pirlo: "Do la mia disponibilità in caso ci fosse bisogno per il prossimo allenatore. Per adesso me ne sto a casa, ma dovesse il nuovo selezionatore avere bisogno di un apporto in campo, verrei sempre volentieri".
In tutti, inevitabilmente, domina lo sconforto. Nessun tifoso a celebrare il rientro degli Azzurri, nessun tricolore sventolante o coro ad alzarsi nella hall di Fiumicino.
L'Italia, dopo il grande tonfo, si defila in silenzio. E tra i tanti, troppi rimorsi, almeno trova giustizia il morso: punizione esemplare della FIFA, che questa volta non poteva esimersi dall'utilizzare le maniere forti. Nove partite di squalifica con la maglia dell'Uruguay e quattro mesi di inibizione dall'attività calcistica per Luis Suarez, che riesce così nell'impresa di abbandonare il mondiale in maniera peggiore di una nazionale – quella azzurra – che scese la scale di quest'ultimo aereo, deve ricostruirsi da sola le ali.
[Nel servizio le interviste a Demetrio Albertini e Andrea Pirlo, vice presidente federale e centrocampista Italia]
LP
Albertini: "Dobbiamo avere l'obiettivo di tornare ai livelli degli anni Novanta, in cui eravamo il top mondiale e tutti ci guardavano con invidia e volevano recuperarci. Credo poi che dobbiamo cercare i perché (di quanto successo e le ragioni del fallimento del sistema calcio) senza paura di quanto potremmo trovare".
Ricostruire non è più un'opzione, ma un dovere. E qualcuno è anche disposto a rivedere le proprie posizioni, qualora ve ne fosse la necessità.
Pirlo: "Do la mia disponibilità in caso ci fosse bisogno per il prossimo allenatore. Per adesso me ne sto a casa, ma dovesse il nuovo selezionatore avere bisogno di un apporto in campo, verrei sempre volentieri".
In tutti, inevitabilmente, domina lo sconforto. Nessun tifoso a celebrare il rientro degli Azzurri, nessun tricolore sventolante o coro ad alzarsi nella hall di Fiumicino.
L'Italia, dopo il grande tonfo, si defila in silenzio. E tra i tanti, troppi rimorsi, almeno trova giustizia il morso: punizione esemplare della FIFA, che questa volta non poteva esimersi dall'utilizzare le maniere forti. Nove partite di squalifica con la maglia dell'Uruguay e quattro mesi di inibizione dall'attività calcistica per Luis Suarez, che riesce così nell'impresa di abbandonare il mondiale in maniera peggiore di una nazionale – quella azzurra – che scese la scale di quest'ultimo aereo, deve ricostruirsi da sola le ali.
[Nel servizio le interviste a Demetrio Albertini e Andrea Pirlo, vice presidente federale e centrocampista Italia]
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