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Da un anno il calcio è senza il re. Dal quale ha ereditato inquietudini e debolezze, ma non il talento. Quello è rimasto nel piede sinistro più prezioso e geniale. E' stato Pibe de Oro, ragazzo della porta accanto, amico di tutti forse troppo e anche degli ultimi, soprattutto degli ultimi. Maradona che incanta e al contempo deraglia sui binari di una vita così esposta e complicata. E' stato leader, compagno con la C e anche con la K, castrista e icona goffa della lotta ai potenti. E' stato usato, chi lo ha frequentato dice non negasse la fiducia a priori. Troppo affettuoso per non essere amato, troppo naif per gestire la sua grandezza. E così mentre gli ultimi corvi volteggiano ancora un anno dopo a cercare cosa sia rimasto di lui, a dire se sia morto ricco o povero, sfatto o malcurato, mentre i malati di numeri discutono su chi tra lui e Pelè, Di Stefano o Perdernera, il calcio è amputato e la ferita non rimargina. Napoli gli dedica una statua, una maglia, la riconoscenza eterna. Dagli archivi traboccano gol e giocate che oggi nemmeno ai videogame. Senza Diego il calcio è più povero. Ha perso fantasia, emozione, e anche uno a cui dare la colpa.