Verso la Divisione unica
“Perseguiamo il un nuovo format a 60 squadre che sia definitivo, univoco. Chi legge in questa situazione un ridimensionamento in negativo con l’esclusione di nove squadre non vede il nuovo progetto sotto giusta luce. Si intende in questo modo tutelare i presidenti e i soggetti sportivi virtuosi, abbandonando una formula che portava a campionati falsati e pesantemente condizionati dalle penalizzazioni. È una riforma vera, storica perché orientata a dare un significato a chi investe in questo mondo. Il campionato lo deve fare il campo, non il giudice sportivo”.
In merito alla nuova situazione che si delineerà a partire dalla stagione 2014/2015, i cambiamenti a livello strutturale e numerico non mancheranno. “Cambierà necessariamente la formula dei playoff, dando la possibilità a nove squadre di Prima Divisione di giocarsi un posto in Serie B. È vero, per ora non ci saranno retrocessioni, ma le risorse a disposizione verranno ripartite in base ai risultati ottenuti, ovvero chi arriva ultimo – anche solo affrontando una stagione da limbo – non percepirà premi in denaro”. Sicuramente più traumatica il tema della Seconda Divisione, perché da nove retrocessioni oggi previste, si passerà addirittura al doppio: “Ogni riforma o cambiamento porta con sé un trauma. In Seconda Divisione le retrocessioni saranno 18, questo per mantenere il ricambio con la Serie D da cui arriveranno 9 formazioni, mentre le altre esclusioni – in termini calcistici (ndr) – serviranno a raggiungere quota 60 squadre. Non escludo ripescaggi tra le squadre che retrocederanno o alcune della Serie D, dipenderà tutto dal raggiungimento di un totale di 60 squadre sane. Non so se oggi il calcio italiano ne abbia sufficienti”.
Una svolta storica, dice Macalli, che il calcio non ha voluto tempo fa. Le prime divisioni nazionali – Serie A e B – hanno fatto orecchie da mercante, mentre la Lega Pro, unitamente alla Lega Nazionale Dilettanti, ha voluto calcare la mano su una situazione che ha estremamente bisogno di un cambio di rotta. “Per quei presidente che agiscono nel rispetto delle regole e degli impegni, dare conto di una situazione regolare prima o dopo è indifferente, le nuove regole che prevedono tra le altre cose la garanzia di stipendio per i calciatori servono a tutelare e dare credibilità al mondo del calcio, ad attirare sponsorizzazioni altrimenti difficilmente reclutabili e dotare le società calcistiche di strumenti professionali. Se entro tre anni non ci si dà una svolta nell’impiantistica e nell’individuare all’interno della società fonti di reddito, il calcio professionistico lo fanno solo in 5-6 squadre in Italia. Noi siamo calcio assistito, perché prendiamo somme che non produciamo. È giusto, ma altrettanto giusto è produrre qualcosa, è questo il senso della riforma”.
Luca Pelliccioni