Hayden: nessuna camera ardente, espatrio della salma nelle prossime ore

Nicky Hayden non ce l'ha fatta, sopraffatto da quel destino beffardo e vigliacco che – come successe a Michael Schumacher nel dicembre di ormai 3 anni e mezzo fa – ha presentato il conto in un giorno ordinario, in modalità impensabili, all'indirizzo di chi ha messo a repentaglio la propria vita per professione – sfrecciando ai 300 all'ora sui tracciati di tutto il mondo, divenendone padrone nel 2006 – per oltre dieci anni.

Dal Kentucky a Tavoleto: basterebbe questo a sacramentare; eppure Hayden da queste parti ci passava spesso, l'ultima volta in occasione della tappa imolese del mondiale di Superbike, dove ancora gareggiava pur non avendo a disposizione il no plus ultra della categoria, ma comunque apprezzato da tutti.

L'unico capace di infliggere una sconfitta – come tale riconosciuta allora dal diretto interessato – a Valentino Rossi, avversario e compagno in un amen.

Se ne è andato nel tardo pomeriggio di un caldo maggio, dopo giorni in cui ha lottato con le sue forze per restare in sella, una volta di più. La sensazione che non ci sarebbe stata un'ultima curva per il ragazzo del Kentucky pareva inevitabile, a voler leggere tra le righe di bollettini medici che rimpallavano notizie di condizioni disperate e lesioni cerebrali gravissime. Nulla toglie però che dell'ultimo aggiornamento, nessuno avrebbe voluto darne conto.

Si è spento a 35 anni un ottimo pilota, ma soprattutto un bravo ragazzo: nelle prossime ore l'espatrio della salma, i suoi organi – come da sua volontà espressa – saranno donati. Sull'incidente proseguono intanto le indagini: la procura ha disposto una perizia.


LP

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