Semplicità, appartenenza orgogliosa, rigorosi ritardi. Orano battezza così l'edizione numero 19 di una manifestazione nata nel dopoguerra e ritornata centrale oggi quando il bisogno di pace passa anche per una serie di mani strette in tribuna. Ci sono i rappresentati dei 26 Comitati Olimpici coinvolti, ma anche le alte cariche di tanti paesi. Lo stadio, a traffico piacendo, è pieno. I partecipanti sfilano sotto la tribuna d'onore dove siedono anche i Capitani Reggenti e il Segretario Lonfernini. In campo e sugli spalti un chiasso che sa di festa, ma quando lo speaker annuncia San Marino, San Marino non esce. La delegazione è trattenuta in un angolo dello stadio in attesa di una chiamata che non arriva. Non è uno sgarbo, è Orano.
La Repubblica viene poi recuperata quando toccherebbe ad altri, e la bandiera così orgogliosamente portata da Alessandra Perilli ed Enrico Dall'Olmo viene applaudita e salutata dalla gente che riserva fischi solo alla Francia, ex padrona di casa e ora ospite gradita il giusto. L'Italia, che come sempre esonda di atleti giovani e di prospettiva guidati dai totem Diana Bacosi e Luigi Busà, ha già completato il suo giro. Il resto è uno spettacolo semplice basato su orgoglio nazionale e un senso tutto algerino di accoglienza. Ringrazia Orano il Presidente dei Giochi Davide Tizzano, ringrazia per gli investimenti sugli impianti e le strutture. Ringrazia per aver pazientato un anno, ringrazia per aver avuto voglia di scommettere sul futuro del Mediterraneo. Che mai come quest'anno richiama i popoli che si affacciano sul Mare Nostrum a dare segnali di pace demandati anche all'abbraccio sudato e improvvisato di un'edizione in cui nulla è come sembra e nulla sembra com'è. Quando ognuno ha ritrovato il suo pullman e raggiunto l'alloggio, la notte africana è quasi andata. E il sole annuncia la prima giornata di Giochi. Qualcosa succederà, basterà non seguire il programma. Orano è soprattutto fantasia.