Il rapporto fra giustizia e media, fra necessità di segretezza delle indagini e di tutela dell’informazione pubblica è troppo delicato per approcciarsi con la leggerezza che abbiamo riscontrato in questi ultimi 2 giorni.
Se si tutela solo la prima cosa (la segretezza delle indagini ad esempio) si rischia che l’opinione pubblica non venga a conoscere questioni di indubbia rilevanza sociale, che possono e devono giustamente orientare pensieri e comportamenti. Oppure che le venga a conoscere troppo in ritardo.
D’altro canto, se si tutela solo il diritto all’informazione su ogni cosa, anche su elementi ancora non definitivi, si rischia il linciaggio mediatico delle persone attraverso elementi che, poi, potrebbero rivelarsi fallaci.
L’equilibrio non è semplice e spetta alla politica porre in essere le leggi necessarie per raggiungerlo o per avvicinarsi ad esso. Ed alla deontologia professionale dei giornalisti cercare di non travalicare i confini. Confrontandosi.
Non è in discussione il diritto di cronaca, da parte della stampa, di quel che succede nelle udienze: ci mancherebbe altro, si tratta di udienze pubbliche e tutto quello che succede è degno di divulgazione.
Quello che noi vorremmo mettere in discussione è il ruolo delle parti processuali, che, attraverso interviste, commenti e dichiarazioni, svolgono il loro lavoro in una sede che non gli è propria: quella, appunto, mediatica. Orientando l’opinione pubblica, che peraltro non può sentire l’altra campana.
Ringraziamo Rtv per averci citato i titoli dei giornali che mostrano i processi fatti sui media. Per noi il problema è proprio lì: non vorremmo mai trovarci, come in Italia, i processi fatti "a Porta a Porta" o dei talk show come in Italia, dove gli avvocati vanno in Tv o sui giornali a spiegare la loro versione dei fatti, dandoli per certi prima ancora delle sentenze, oppure conferenze stampa dei Pm che lanciano le loro teorie accusatorie in pasto all’opinione pubblica prima che ci sia un vaglio.
Così si portano solo le persone a farsi delle idee non suffragate da nulla e non si fa un buon servizio alla verità.
Proprio nei casi citati da Rtv si vede chiaramente questa situazione: tutti conoscono "l'assassino" o "il colpevole" prima ancora delle sentenze, e questo non ci piace.
Qui sta il problema. Qui è il punto dove chiediamo alla politica di intervenire mettendo delle regole condivise con gli operatori dell'informazione. Non certo sulla limitazione della libertà della stampa di fare la cronaca di udienze pubbliche, come qualcuno ha detto.
Gli operatori della giustizia, dal nostro punto di vista, devono operare negli ambiti che gli sono propri: le aule dei Tribunali. E la giustizia esprimersi attraverso sentenze, non attraverso opinioni.
Movimento Civico 10
Se si tutela solo la prima cosa (la segretezza delle indagini ad esempio) si rischia che l’opinione pubblica non venga a conoscere questioni di indubbia rilevanza sociale, che possono e devono giustamente orientare pensieri e comportamenti. Oppure che le venga a conoscere troppo in ritardo.
D’altro canto, se si tutela solo il diritto all’informazione su ogni cosa, anche su elementi ancora non definitivi, si rischia il linciaggio mediatico delle persone attraverso elementi che, poi, potrebbero rivelarsi fallaci.
L’equilibrio non è semplice e spetta alla politica porre in essere le leggi necessarie per raggiungerlo o per avvicinarsi ad esso. Ed alla deontologia professionale dei giornalisti cercare di non travalicare i confini. Confrontandosi.
Non è in discussione il diritto di cronaca, da parte della stampa, di quel che succede nelle udienze: ci mancherebbe altro, si tratta di udienze pubbliche e tutto quello che succede è degno di divulgazione.
Quello che noi vorremmo mettere in discussione è il ruolo delle parti processuali, che, attraverso interviste, commenti e dichiarazioni, svolgono il loro lavoro in una sede che non gli è propria: quella, appunto, mediatica. Orientando l’opinione pubblica, che peraltro non può sentire l’altra campana.
Ringraziamo Rtv per averci citato i titoli dei giornali che mostrano i processi fatti sui media. Per noi il problema è proprio lì: non vorremmo mai trovarci, come in Italia, i processi fatti "a Porta a Porta" o dei talk show come in Italia, dove gli avvocati vanno in Tv o sui giornali a spiegare la loro versione dei fatti, dandoli per certi prima ancora delle sentenze, oppure conferenze stampa dei Pm che lanciano le loro teorie accusatorie in pasto all’opinione pubblica prima che ci sia un vaglio.
Così si portano solo le persone a farsi delle idee non suffragate da nulla e non si fa un buon servizio alla verità.
Proprio nei casi citati da Rtv si vede chiaramente questa situazione: tutti conoscono "l'assassino" o "il colpevole" prima ancora delle sentenze, e questo non ci piace.
Qui sta il problema. Qui è il punto dove chiediamo alla politica di intervenire mettendo delle regole condivise con gli operatori dell'informazione. Non certo sulla limitazione della libertà della stampa di fare la cronaca di udienze pubbliche, come qualcuno ha detto.
Gli operatori della giustizia, dal nostro punto di vista, devono operare negli ambiti che gli sono propri: le aule dei Tribunali. E la giustizia esprimersi attraverso sentenze, non attraverso opinioni.
Movimento Civico 10
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