Erano da poco passate le 11.00 di quel 26 giugno 1944. La giornata era bellissima. Aria tersa, visibilità fino all’orizzonte. Undici aerei “Baltimore” dell’aviazione britannica, decollati da Pescara, scaricarono su San Marino, senza alcun preavviso, 22 bombe da 500 libbre e 33 da 250. Alle 11.17 la seconda ondata di bombardamenti. Alle 12.38 la terza. La più pesante: 66 bombe da 500 libbre e 44 da 250. Gli alleati violarono la neutralità della Repubblica di San Marino sulla base di un’informazione di intelligence, sbagliata, secondo la quale nella stazione di Città c’era un deposito di armi tedesche. La maggior parte delle 63 vittime erano in fila per il pane al Molino Forno di Città. Le bombe colpirono anche Borgo Maggiore e Santa Mustiola. Il bombardamento causò anche 48 feriti e ingenti danni materiali agli edifici e al tracciato del trenino biancoazzurro, che in seguito dovette interrompere le sue corse. Palazzo Pubblico venne risparmiato. Fu un tragico errore degli alleati, che uno dei piloti paventò di aver commesso, riferendolo addirittura nel resoconto della missione.
Il governo di San Marino avanzò richiesta per il risarcimento dei danni già il 7 febbraio del 1945. Non ci fu mai però un riconoscimento netto dello sbaglio da parte degli alleati. Ma la Camera dei Comuni inglese riconobbe un indennizzo di 80mila sterline, quale gesto di simpatia “per le sofferenze subite dalla popolazione di San Marino a causa del bombardamento”.
Il governo di San Marino avanzò richiesta per il risarcimento dei danni già il 7 febbraio del 1945. Non ci fu mai però un riconoscimento netto dello sbaglio da parte degli alleati. Ma la Camera dei Comuni inglese riconobbe un indennizzo di 80mila sterline, quale gesto di simpatia “per le sofferenze subite dalla popolazione di San Marino a causa del bombardamento”.
Riproduzione riservata ©