Il 27 agosto del 1979 Fabrizio De Andrè e Dori Grezzi vengono sequestrati nella loro abitazione sarda di Tempio Pausania, di notte, dall’Anonima Sarda. Rimangono prigionieri per quattro mesi, durante i quali vivono esperienze traumatiche, incatenati a un albero, nascosti sotto teli di plastica.
De Andrè racconterà poi: "I primi giorni non ci facevano togliere la maschera neppure per mangiare, e così ci tagliavano il cibo a pezzettini e ci imboccavano. È stata un'esperienza tremenda che tuttavia ha lasciato anche segni positivi, come la riscoperta di certi affetti nascosti. Nei confronti di mio fratello Mauro, ad esempio. È stato lui a trattare coi rapitori e non dimenticherò mai il nostro abbraccio appena tornati a casa”
Racconterà Dori Ghezzi: “Si cercava di far passare il tempo, ci inventavamo dei giochi stupidi pur di distrarci. Visto che procuravano le sigarette e i cerini per Fabrizio, lui era riuscito a creare delle carte da gioco. Abbiamo avuto paura, ma ci siamo preoccupati anche molto per gli altri che non sapevano se eravamo ancora vivi. Con dei cappucci in testa è difficile comunicare, dialogare, ce li toglievano solo per alcune ore. Fermo restando che ci avevano privato della nostra libertà, i nostri carcerieri si sono comportati in modo tutto sommato umano.”
"I rapitori- dirà ancora De Andrè- erano gentilissimi, quasi materni. Sia io sia Dori avevamo un angelo custode a testa che ci curava, ci raccontava le barzellette. Ricordo che uno di loro una sera aveva bevuto un po' di grappa di troppo e si lasciò andare fino a dirci che non godeva certo della nostra situazione. Anzi, arrivò a sostenere che gli dispiaceva soprattutto per Dori".
Il rapimento non cancellò l'amore per la Sardegna: "Quelli del Gallurese, dove stiamo noi- spiegherà il cantautore- sono molto più continentalizzati del resto dei sardi. Quelli che ci hanno rapito invece venivano dal centro della Sardegna, da quell'isola che si chiama Barbagia dove si continua a credere che il privilegio sia togliere qualcosa agli altri, per esempio la libertà. Dove si tramanda di padre in figlio un'abitudine vecchia di duemila anni, come quella di sequestrare animali o persone. E dove non cambierà niente fino a che non ci faranno un'autostrada che li collegherà col resto del mondo".
Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi saranno rilasciati alla vigilia di Natale, dopo il pagamento di un riscatto di 550 milioni di lire. I loro rapitori (dodici uomini) saranno tutti arrestati e condannati in via definitiva nel novembre del 1985. Da questa drammatica esperienza nascerà il brano “Hotel Supramonte”, nel quale De Andrè rielabora i traumi e le incertezze patiti durante il rapimento. Il cantautore ha però smentito il collegamento tra la canzone, criptica, e questa esperienza.
De Andrè racconterà poi: "I primi giorni non ci facevano togliere la maschera neppure per mangiare, e così ci tagliavano il cibo a pezzettini e ci imboccavano. È stata un'esperienza tremenda che tuttavia ha lasciato anche segni positivi, come la riscoperta di certi affetti nascosti. Nei confronti di mio fratello Mauro, ad esempio. È stato lui a trattare coi rapitori e non dimenticherò mai il nostro abbraccio appena tornati a casa”
Racconterà Dori Ghezzi: “Si cercava di far passare il tempo, ci inventavamo dei giochi stupidi pur di distrarci. Visto che procuravano le sigarette e i cerini per Fabrizio, lui era riuscito a creare delle carte da gioco. Abbiamo avuto paura, ma ci siamo preoccupati anche molto per gli altri che non sapevano se eravamo ancora vivi. Con dei cappucci in testa è difficile comunicare, dialogare, ce li toglievano solo per alcune ore. Fermo restando che ci avevano privato della nostra libertà, i nostri carcerieri si sono comportati in modo tutto sommato umano.”
"I rapitori- dirà ancora De Andrè- erano gentilissimi, quasi materni. Sia io sia Dori avevamo un angelo custode a testa che ci curava, ci raccontava le barzellette. Ricordo che uno di loro una sera aveva bevuto un po' di grappa di troppo e si lasciò andare fino a dirci che non godeva certo della nostra situazione. Anzi, arrivò a sostenere che gli dispiaceva soprattutto per Dori".
Il rapimento non cancellò l'amore per la Sardegna: "Quelli del Gallurese, dove stiamo noi- spiegherà il cantautore- sono molto più continentalizzati del resto dei sardi. Quelli che ci hanno rapito invece venivano dal centro della Sardegna, da quell'isola che si chiama Barbagia dove si continua a credere che il privilegio sia togliere qualcosa agli altri, per esempio la libertà. Dove si tramanda di padre in figlio un'abitudine vecchia di duemila anni, come quella di sequestrare animali o persone. E dove non cambierà niente fino a che non ci faranno un'autostrada che li collegherà col resto del mondo".
Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi saranno rilasciati alla vigilia di Natale, dopo il pagamento di un riscatto di 550 milioni di lire. I loro rapitori (dodici uomini) saranno tutti arrestati e condannati in via definitiva nel novembre del 1985. Da questa drammatica esperienza nascerà il brano “Hotel Supramonte”, nel quale De Andrè rielabora i traumi e le incertezze patiti durante il rapimento. Il cantautore ha però smentito il collegamento tra la canzone, criptica, e questa esperienza.
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