Il 24 maggio del 2014, a Sloviansk, era in corso l'offensiva dell'esercito ucraino, che avrebbe portato alla riconquista della città in mano ai filo-russi. Andy Rocchelli era lì, insieme all'interprete Andrey Mironov. Il taxi sul quale viaggiavano fu prima investito da una raffica di kalashnikov. Poi, i due, vennero uccisi da una serie di colpi di mortaio. “Non posso escludere che l'obiettivo fossero proprio i giornalisti”, disse un fotografo francese, che si trovava con loro. L'impressione – avrebbe aggiunto – è che i colpi provenissero dalle posizioni dei governativi ucraini. Da allora – nonostante un'inchiesta aperta dalla Procura di Pavia – nulla si è più saputo. Inevitabile una riflessione: da settimane stampa e politici italiani mantengono una fortissima pressione sul Governo egiziano, per conoscere la verità su Giulio Regeni. Nulla di tutto ciò è stato fatto per Rocchelli. A Marcello Foa - editorialista de “Il Giornale” ed esperto in tecniche di comunicazione – abbiamo chiesto i motivi di questo doppio standard. A pochi mesi dalla morte di Rocchelli San Marino aveva organizzato una mostra fotografica dedicata ai suoi scatti. Presenti anche i parenti del giovane freelance. Il segretario di Stato alla Cultura chiede che su questa vicenda non cali il silenzio. “Siamo a fianco della famiglia che vuole la verità su un evento così drammatico; è inquietante – afferma Giuseppe Morganti – che un rappresentante del mondo dell'informazione venga colpito in modo forse deliberato”
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