Dalla Consulta per l'informazione arriva l'altolà per l'ultimo provvedimento, datato 10 settembre, diramato dalla Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Un "avvertimento generalizzato e non legato ad uno specifico fatto o comportamento - commenta l'organismo in una nota - che appare una pressione sull'intera categoria".
"All’indomani del provvedimento i colleghi ci segnalano richieste, arrivate tutte insieme, di intere cancellazioni di articoli sulla base di questo, secondo noi, mal interpretato "diritto all’oblio" che ha ragion d'essere come ha ragion d’essere il "diritto di cronaca", stanno anche nella stessa legge e quindi vanno contemperati - commenta Roberto Chiesa, Presidente della Consulta -. Detto questo secondo noi è il momento di fare chiarezza: dobbiamo capire che cancellare interi articoli vuol dire anche rinunciare alla memoria storica e questo assolutamente non va bene. Un conto è deindicizzare, un conto è anonimizzare, ci sono tutti i modi per tutelare le persone coinvolte". Quello che preoccupa è che il giornalista, titolare del trattamento dei dati - si legge nella nota - possa essere bersaglio di richieste di cancellazione, prima, e di sanzioni poi, anche laddove abbia motivato la propria risposta di diniego alla cancellazione sulla base dei parametri che sostanziano il diritto di informazione. Criteri fissati nel Codice di Condotta".
"Secondo noi, arrivare alla cancellazione, e arrivarci con toni così ultimativi è un’indebita pressione che si fa sui giornalisti - conclude Chiesa -. Potremmo anche avere sbagliato l’interpretazione, per questo ci siamo rivolti al Commissario europeo competente". Nel video l'intervista a Roberto Chiesa, Presidente della Consulta Informazione.