Mentre all’esterno della sala conferenze si moltiplicano le manifestazioni di piazza, profonde divergenze dividono le delegazioni presenti. Nella UE le posizioni tra i vari Paesi sono lontane. L’Europa ha fatto sapere che concederà aiuti immediati, due miliardi di euro per tre anni, ai Paesi in via di sviluppo per fronteggiare i mutamenti climatici ma non tutti i Governi del vecchio continente intendono dare un cospicuo contributo economico. Francia, Germania, Polonia e Italia avevano fatto capire già da ottobre che non intendevano impegnarsi, volendo conoscere prima le intenzioni degli altri Paesi industrializzati. Dalla Polonia e da altre Nazioni europee è poi arrivato un no deciso anche alla proposta di sostenere l’obiettivo della riduzione delle emissioni UE dal 20 al 30%. Eppure studi sul clima sostengono che per limitare il riscaldamento climatico a 2 gradi, i Paesi industrializzati dovrebbero ridurre entro il 2020 le loro emissioni di gas che producono l’effetto serra dal 25 al 40%, in riferimento ai livelli del 1990. Altra situazione calda quella dei Paesi emergenti che di fatto hanno bocciato un piano della presidenza danese che fisserebbe al 2050 diritti di emissione pro-capite doppi per i Paesi sviluppati rispetto a quelli non industrializzati. Intanto la Cina chiede all’America di aumentare l’offerta di taglio di emissioni inquinanti, dicendosi disponibile al negoziato.
Piero Arcide
Piero Arcide
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