Trent’anni fa, il 22 novembre del 1994, veniva arrestato Roberto Savi, agente della Questura di Bologna. Qualche giorno dopo sarebbe toccato anche al fratello Fabio. Poi, via via, agli altri componenti della banda. Fu quella la svolta decisiva nel caso della Uno bianca, l’organizzazione criminale che tra il 1987 e il 1994 mise a ferro e fuoco Emilia-Romagna e Marche, lasciandosi alle spalle una lunga scia di sangue: 103 crimini (soprattutto rapine a mano armata), 24 persone uccise, 114 ferite.
Oggi il convegno commemorativo "21 novembre 1994, uno bianca la cattura" organizzato dal Sindacato autonomo di Polizia di Rimini con i protagonisti della vicenda: Daniele Paci, il magistrato che coordinò l’indagine, di Luciano Baglioni, sostituto commissario della polizia di Stato, che ha avuto un ruolo cruciale nelle indagini al fianco del collega Pietro Costanza, Addolorata di Campi, la poliziotta ferita dalla banda nel 1987. In platea i ragazzi delle scuole superiori di Rimini e molti cittadini.
"Grazie a quello che oggi avviene le cose sono ben diverse - racconta Luciano Baglioni, sostituto commissario della polizia di Stato -. Si ha una maggiore attenzione al personale e qualora una persona ha necessità di essere aiutato oggi viene aiutato. Una volta invece era lasciato un po’ più allo sbando e forse anche questo ha contribuito a fare sì che la banda prendesse corpo, perché nessuno ha voluto vedere quello che accadeva e quello che commettevano quei ragazzi".
"Abbiamo voluto ricordare il grande lavoro degli investigatori e il sacrificio di quanti hanno perso la vita e di chi porta ancora le ferite nel corpo e nell'anima - ha detto Salvatore Giglia, Segretario Sap Rimini -. Il sindacato autonomo di polizia vuole ricordare chi si è sacrificato e si sacrifica ogni giorno con il più alto senso del dovere e delle Istituzioni nella lotTa alla criminalità".
Daniele Paci ha analizzato i 103 crimini commessi: "Solo in 19 casi hanno usato la uno bianca - racconta IL magistrato - hanno usato anche altre auto. Se fossero stati terroristi, come si diceva nell'opinione pubblica, avrebbero messo la loro firma usando sempre la stessa macchina e le stesse armi ma non è cosi non è stato".
In collegamento Zoom Luciano Baglioni sostituto commissario della polizia di Stato.