7 mesi di prigionia, 200 euro di multa e l’interdizione di 1 anno e 2 mesi dai pubblici uffici; ma Gisella Micheloni – essendo incensurata – potrà usufruire del beneficio della pena sospesa per 4 anni.
Una condanna mite dunque; ma l’avvocato dell’imputata - Renzo Bonelli - proporrà ugualmente ricorso in appello. Proprio questa mattina aveva chiesto l’assoluzione per tutti e 3 i capi d’accusa: malversazione continuata, falsità in valori di bollo e falsità materiale. Il Procuratore del Fisco si era limitato a chiedere 1 anno e 3 mesi di condanna, dichiarando anticipatamente di non volersi opporre alla sospensione della pena.
Secondo l’accusa la Micheloni – all’epoca operatrice dell’Ufficio Postale di Acquaviva - avrebbe stornato soldi dal fondo in dotazione alla cassa dell’ufficio postale e avrebbe anche attaccato sulle etichette dei pacchi nuove affrancature con numerazioni che andavano a modificare gli importi effettivi.
La linea della difesa è stata chiara dall’inizio: l’imputata ha commesso errori certo, ha peccato di superficialità, ma non c’era assolutamente volontà di distrarre denaro pubblico. Una tesi sostanzialmente accolta dal Commissario della Legge Vittorio Ceccarini.
Una condanna mite dunque; ma l’avvocato dell’imputata - Renzo Bonelli - proporrà ugualmente ricorso in appello. Proprio questa mattina aveva chiesto l’assoluzione per tutti e 3 i capi d’accusa: malversazione continuata, falsità in valori di bollo e falsità materiale. Il Procuratore del Fisco si era limitato a chiedere 1 anno e 3 mesi di condanna, dichiarando anticipatamente di non volersi opporre alla sospensione della pena.
Secondo l’accusa la Micheloni – all’epoca operatrice dell’Ufficio Postale di Acquaviva - avrebbe stornato soldi dal fondo in dotazione alla cassa dell’ufficio postale e avrebbe anche attaccato sulle etichette dei pacchi nuove affrancature con numerazioni che andavano a modificare gli importi effettivi.
La linea della difesa è stata chiara dall’inizio: l’imputata ha commesso errori certo, ha peccato di superficialità, ma non c’era assolutamente volontà di distrarre denaro pubblico. Una tesi sostanzialmente accolta dal Commissario della Legge Vittorio Ceccarini.
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