Una domanda eterna quella sui confini dell’arte… Dove è disegnato l’orizzonte della sua materia? Quanto è grande la sua cassetta degli attrezzi? Può il capolavoro affiorare da un muro scalcinato della stazione o uscire dall’anima di acciaio di un vagone ferroviario? La risposta, una delle tante possibili, sta nella bomboletta e, soprattutto, nell’indice di Davide Salvadei, 30 anni riminese. Eron è il nome dell’artista, quattro lettere che tutte insieme non hanno significato ma, semplicemente, stanno molto bene l’una di fianco all’altra. Era il 1991, notte inoltrata alla stazione di Rimini. Eron ragazzino e altri due graffitisti bolognesi si stavano cimentando in un “end to end” al deposito ferroviario, una scritta sulla fiancata di una carrozza. Alcuni poliziotti sopraggiungono, seguono fuga a rotta di collo e arrampicata sulla recinzione come nei film. 2 spari in aria convincono i writers a desistere. Finisce con una notte in guardina, ma il caso è archiviato senza nessuna sanzione da pagare. E il giorno dopo i giornali elogiano l’opera incompiuta chiedendo che venga inserito nel patrimonio artistico cittadino. Strano destino, strana cittadinanza quella dell’arte che abita sia nel viso delicato di una madonna di Raffaello che nell’urlo scheletrico di Munch. Percorre il sacro e il maledetto, si arrampica sulle volte delle chiese e si deposita sopra i muri impolverati delle metropolitane. Sussurra il conformismo e, contemporaneamente, grida l’illegalità. Oggi Eron dipinge solo su commissione, alla luce del sole. Rimpiange, lo ammette, il brivido del clandestino, la solitudine e l’ispirazione dell’oscurità. I suoi lavori hanno smesso di imbrattare e cominciato a deliziare. Una tela di Eron ha valutazioni con cifre a tre zeri. Il comune di Rimini gli ha chiesto di lasciare un’impronta sul muricciolo della passeggiata del porto. E’ uno dei luoghi simbolo dei riminesi. Qui Davide disegnerà l’anima di Rimini, quella dei film di Fellini. Raffigurerà le strade del centro, l’Arco, il ponte di Tiberio, il tempio malatestiano… il mare.
Riproduzione riservata ©