60 anni dopo Rovereta è ancora una ferita aperta nel cuore della Repubblica. L'ultima istanza d'arengo chiede di prevedere a Palazzo Pubblico una targa a perpetua ignominia. Il testo che accompagna l'istanza è ancora più duro, parla di una subdola macchinazione portata avanti dalla Dc con il governo italiano di allora e con il dipartimento di stato americano. I firmatari ritengono che gettare ignomina “sui traditori, che mai pagarono in vita per i loro misfatti, sia fare giustizia verso coloro che, in seguito al colpo di Stato, subirono accuse false e grotteschi processi farsa.”
I figli dei protagonisti di allora si sono mobilitati per difendere la memoria dei padri e, sebbene ancora sottotraccia, si stanno preparando a dare battaglia. Gli storici invitano a contestualizzare i fatti e Luigi Lonfernini, che durante Rovereta aveva 18 anni, si sofferma proprio su questi. San Marino, retto da una maggioranza socialcomunista, venne a trovarsi completamente isolato, politicamente ed economicamente, in un mondo allora diviso in due blocchi. L'unica speranza per la maggioranza di allora – scrive – era riposta nella conquista del governo da parte del pci e nella disponibilità dell'Unione Sovietica di aprire i cordoni della borsa. Non si verificarono entrambe le prospettive. I fatti di Rovereta crearono senza dubbio grosse lacerazioni. Ci sono voluti anni e la buona volontà di tutti, ricorda Lonfernini, per ricomporre un'armonia. Il volere con una targa pubblica, affermare responsabilità politiche addossandole a una parte sola, conclude, non è la strada migliore per mantenere quell'unità cittadina indispensabile alla convivenza democratica e civile.
I figli dei protagonisti di allora si sono mobilitati per difendere la memoria dei padri e, sebbene ancora sottotraccia, si stanno preparando a dare battaglia. Gli storici invitano a contestualizzare i fatti e Luigi Lonfernini, che durante Rovereta aveva 18 anni, si sofferma proprio su questi. San Marino, retto da una maggioranza socialcomunista, venne a trovarsi completamente isolato, politicamente ed economicamente, in un mondo allora diviso in due blocchi. L'unica speranza per la maggioranza di allora – scrive – era riposta nella conquista del governo da parte del pci e nella disponibilità dell'Unione Sovietica di aprire i cordoni della borsa. Non si verificarono entrambe le prospettive. I fatti di Rovereta crearono senza dubbio grosse lacerazioni. Ci sono voluti anni e la buona volontà di tutti, ricorda Lonfernini, per ricomporre un'armonia. Il volere con una targa pubblica, affermare responsabilità politiche addossandole a una parte sola, conclude, non è la strada migliore per mantenere quell'unità cittadina indispensabile alla convivenza democratica e civile.
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