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Fumi di Londra. Editoriale del Dg Carlo Romeo

15 nov 2018
la Statua della Libertà
la Statua della Libertà
Che gli inglesi si siano pentiti amaramente del voto antieuropeo sul referendum è credibile e forse era pure, detto fra noi, prevedibile. Già l'isolazionismo britannico non è mai stato solo geografico ma anche l'Europa venuta fuori dai papocchi smanati di Maastricht, incentrati sempre e solo sull'euro, non faceva presagire grandi successi.

Per chi come il sottoscritto - tanto per restare dalla parte di chi regolarmente perde - spingeva per la semplice interpretazione in chiave europea della costituzione Usa e quindi arrivare agli auspicati Stati Uniti di Europa di Altiero Spinelli, soluzione ovvia quanto funzionale, questa Europa rappresenta, sia chiaro, l'ennesima delusione.

La situazione britannica però, vista da San Marino, qualche suggestione in più la presenta, a ben vedere. Perché di fatto e con le debite differenze, allo stato attuale delle cose, gli interlocutori europei, geograficamente interni all'Europa ma che non aderiscono alla UE, si ritrovano seduta accanto a loro, nel metaforico tavolo delle trattative, una prestigiosissima signora coronata di un certo peso internazionale, oltre che di antico regno quale il Regno Unito.

Si tratta dunque di un interlocutore seduto dalla propria parte del tavolo che sarebbe bene non sottovalutare, con tutto il rispetto dovuto a Andorra e Monaco. Certo le identità sono diverse ma siano proprio sicuri che su certi temi la sponda british non sia aperta a confronto e iniziative anche con il Titano?

In fondo poi e a ben vedere sotto certi aspetti questa Europa sembra soffrire, fatte le debite differenze, degli stessi problemi del Titano. Troppo piccola fra i giganti della terra, priva di risorse pregiate ma in compenso ricca di micro e macro conflittualità interne che in confronto la Verona dei Montecchi e Capuleti o la Romagna dei Malatesta e dei Montefeltro in confronto finisce per sembrare un villaggio turistico.

Una classe politica sostanzialmente impreparata a progetti condivisi e comuni, necessari nei momenti di emergenza sempre e ovunque. Un tessuto sociale inadeguato al mutamento dei tempi e a condizioni economiche mutate in peggio, senza una cultura reale del lavoro e della responsabilità sociale, dove fra l'altro i sacrifici è sempre meglio li facciano gli altri. Eccetera eccetera. Insomma sarà pure un comune male occidentale ma a chi scrive certe somiglianze tornano. A favore di San Marino c'è però da dire che il livello di burocrazia non è ancora ai patologici livelli europei, che San Marino ha una cinghia di trasmissione politica e sociale molto più corta, ove mai si decidessero inversioni di tendenza, oltre al fondamentale aspetto che San Marino nonostante le conflittualità interne (peraltro a volte vagamente surrealiste) resta una oasi di tolleranza, sicurezza, rifiuto di razzismo e di violenze reali e non solo verbali, come purtroppo non è oggi nell'Unione Europea. Il che non è poco.

Cr

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