In un Teatro Tiberio gremito di molti giovani, ieri sera il Gruppo antimafia Pio La Torre ha presentato il video-documentario “Romagna nostra: le mafie sbarcano in riviera”, frutto del lavoro di un anno di ricerche.
Due i sammarinesi coinvolti nella produzione: la voce narrante è quella di Fabrizio Raggi, mentre la regia è stata curata da Francesco Ceccoli, che ha deciso di dividere il racconto in quattro storie emblematiche. Si parte dall'omicidio Guerra consumato nel 2003 a Ravenna in seguito a “sgarri” nell'ambito delle bische clandestine controllate da clan calabresi, a cui è legato la sparatoria di Viale Ceccarini. Il secondo capitolo fa un excursus storico-sociale sulle origini della presenza mafiosa in Romagna: gioco d'azzardo, spaccio di droga e riciclaggio le attività preferenziali. Proprio su quest'ultimo punto San Marino inizia a fare la sua parte grazie al segreto bancario e all'anonimato societario (l'operazione “Decollo money”, partita dall'omicidio Barbieri, ne è un esempio). La terza parte analizza invece l'operazione “Criminal minds” passando dal memoriale Vargiu alle minacce fra gli imprenditori Bianchini e Vitalucci, dall'impero immobiliare dell'albanese Ardian Kazazi al giro di prostituzione in famosi locali della riviera. L'ultimo capitolo è dedicato all'operazione “Vulcano” e ai suoi filoni d'inchiesta: si parla di Fincapital, della galassia Bacciocchi, dei casalesi, fino a giungere alla recente commissione d'inchiesta parlamentare sammarinese.
Il tutto crea un intreccio ingarbugliato – non potrebbe essere diversamente – ma magistralmente districato da una narrazione lineare e da chiari 'trait d'union' fra le varie vicende.
Il documentario lascia agli spettatori il gusto amaro di chi si sente inerme davanti alla forza criminale della malavita. Vi è però una nota positiva: ora tutti sanno e nessuno può più fare come lo struzzo.
Filippo Mariotti
Due i sammarinesi coinvolti nella produzione: la voce narrante è quella di Fabrizio Raggi, mentre la regia è stata curata da Francesco Ceccoli, che ha deciso di dividere il racconto in quattro storie emblematiche. Si parte dall'omicidio Guerra consumato nel 2003 a Ravenna in seguito a “sgarri” nell'ambito delle bische clandestine controllate da clan calabresi, a cui è legato la sparatoria di Viale Ceccarini. Il secondo capitolo fa un excursus storico-sociale sulle origini della presenza mafiosa in Romagna: gioco d'azzardo, spaccio di droga e riciclaggio le attività preferenziali. Proprio su quest'ultimo punto San Marino inizia a fare la sua parte grazie al segreto bancario e all'anonimato societario (l'operazione “Decollo money”, partita dall'omicidio Barbieri, ne è un esempio). La terza parte analizza invece l'operazione “Criminal minds” passando dal memoriale Vargiu alle minacce fra gli imprenditori Bianchini e Vitalucci, dall'impero immobiliare dell'albanese Ardian Kazazi al giro di prostituzione in famosi locali della riviera. L'ultimo capitolo è dedicato all'operazione “Vulcano” e ai suoi filoni d'inchiesta: si parla di Fincapital, della galassia Bacciocchi, dei casalesi, fino a giungere alla recente commissione d'inchiesta parlamentare sammarinese.
Il tutto crea un intreccio ingarbugliato – non potrebbe essere diversamente – ma magistralmente districato da una narrazione lineare e da chiari 'trait d'union' fra le varie vicende.
Il documentario lascia agli spettatori il gusto amaro di chi si sente inerme davanti alla forza criminale della malavita. Vi è però una nota positiva: ora tutti sanno e nessuno può più fare come lo struzzo.
Filippo Mariotti
Foto Gallery
Riproduzione riservata ©