Oltre duecento professionisti della sanità provenienti da tutta Italia, mancano all'appello solo Calabria e Sicilia: il quarto Congresso Nazionale Cure Territoriali fa ancora una volta il pieno, a testimonianza di quanto il tema sia sentito. “La medicina territoriale – è stato detto – è il futuro” e il Covid ne ha evidenziato le lacune.
Ad aprire i lavori il Segretario Mariella Mularoni, che sottolinea il valore assistenziale della presenza capillare sul territorio, ponendo l'attenzione sulle fasce più fragili della popolazione, in particolare chi fatica a spostarsi. “La prima cura è a casa”, spiegano medici ed infermieri, “i nostri centri sanitari sono anche un motore forte e quotidiano di presenza sul territorio, una presenza che stiamo potenziando che potenzieremo sempre di più”, assicura il Direttore delle Cure Primarie Pierluigi Arcangeli, convinto che “ la battaglia si vince sul territorio, non negli ospedali. Si vince un po' di più già negli ambulatori dei centri sanitari e della salute, ma soprattutto nella dimensione quotidiana, familiare, di casa del paziente e del fragile”.
“E' giunto il momento che il sistema sanitario riveda i propri modelli organizzativi, implementandoli”, rimarca la Direttrice Distretto Sanitario Cesena-Valle Savio Paola Ceccarelli. “Dobbiamo anche rafforzare in integrazione ospedale e territorio, nel momento in cui una persona con fragilità viene dimessa dall'ospedale deve trovare al proprio domicilio, all'interno di una struttura territoriale, la stessa risposta che all'interno dell'ospedale garantiva la sua presa in carico”.
La strategia si muove più piani: comprende anche sinergie con il mondo della medicina generale, “che garantisce la prima porta di accesso alle cure primarie”, e richiede importanti investimenti nella formazione. “Su tutto questo il livello centrale deve garantire il giusto investimento – conclude la Ceccarelli - perché investire sul sistema sanitario significa investire sulla salute delle persone”.