“Sono lì da decenni, molte anche a poche miglia dalla linea di costa, tanto da essere ben visibili ad occhio nudo. Invadono principalmente l’Adriatico, ma pure il mar Ionio e il canale di Sicilia. Con una certezza: la corsa all’oro nero nei nostri mari è tutt’altro che terminata”. Così Legambiente che ha censito – tra le 69 concessioni di coltivazione di gas e petrolio – ben 135 piattaforme a mare e 729 pozzi. Di queste 38 piattaforme e 121 pozzi - osserva l'associazione ambientalista - hanno ormai terminato la loro attività produttiva o erogano ormai talmente poco da far supporre che le compagnie stiano semplicemente ritardando la loro chiusura formale e, di conseguenza, l’obbligo e gli oneri di smantellamento e ripristino iniziale dei luoghi, come previsto dalla normativa. Di qui la volontà di lanciare la campagna #Dismettiamole, con l'obiettivo di un nuovo modello energetico pulito, rinnovabile e democratico, che faccia gli interessi dei cittadini e non delle compagnie petrolifere.
"Più volte hanno provato a rassicurarci - dichiara in una nota il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti - ma, come volevasi dimostrare, nuovi pozzi, dentro e fuori le aree vincolate, e nuove attività di ricerca, estrazione e prospezione continuano a mettere a rischio i nostri mari. Occorre evitare - aggiunge - che nuovi tratti siano coinvolti dall'impatto di queste attività". In particolare, puntualizza Legambiente, a largo dell'Emilia Romagna ci sono 22 concessioni di coltivazione attive e produttive che hanno estratto gas nel 2015 per 1,6 miliardi di standard metri cubi, il 35,4% della produzione a mare totale. Ma solo 6 concessioni su 22 pagano le royalties. Da non sottovalutare infine le conseguenze delle dismissioni dal punto di vista ambientale, legate in particolare alla subsidenza. I dati dei monitoraggi Arpa evidenziano infatti – conclude Legambiente - come gli effetti più rilevanti si registrino sulla fascia costiera dell'Emilia Romagna che, negli ultimi 55 anni, si è abbassata di 70 cm a Rimini e di oltre un metro da Cesenatico al Delta del Po.
"Più volte hanno provato a rassicurarci - dichiara in una nota il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti - ma, come volevasi dimostrare, nuovi pozzi, dentro e fuori le aree vincolate, e nuove attività di ricerca, estrazione e prospezione continuano a mettere a rischio i nostri mari. Occorre evitare - aggiunge - che nuovi tratti siano coinvolti dall'impatto di queste attività". In particolare, puntualizza Legambiente, a largo dell'Emilia Romagna ci sono 22 concessioni di coltivazione attive e produttive che hanno estratto gas nel 2015 per 1,6 miliardi di standard metri cubi, il 35,4% della produzione a mare totale. Ma solo 6 concessioni su 22 pagano le royalties. Da non sottovalutare infine le conseguenze delle dismissioni dal punto di vista ambientale, legate in particolare alla subsidenza. I dati dei monitoraggi Arpa evidenziano infatti – conclude Legambiente - come gli effetti più rilevanti si registrino sulla fascia costiera dell'Emilia Romagna che, negli ultimi 55 anni, si è abbassata di 70 cm a Rimini e di oltre un metro da Cesenatico al Delta del Po.
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