Ai “soloni” dell'informazione siamo abituati da tempo. Quelli che, dal divano di casa attraverso Facebook, danno a tutti lezioni di politica, economia, finanza e, naturalmente, di giornalismo. Quelli che “a Rtv sono in troppi, strapagati e non fanno le inchieste” quando non si arriva – e spesso accade – all'insulto personale. A loro, ogni tanto, si affianca il “solone” per eccellenza, quello talmente immacolato da non sporcarsi le mani accusando di negligenza i colleghi di Rtv. No, lui lo fa fare agli altri. E allora riprende i commenti su Facebook per rinfacciarci di non avere affrontato argomenti che – guarda caso – hanno visto spesso la Tv protagonista, non solo dando per prima la notizia degli arresti eccellenti, ma dedicando a questi numerosi servizi e dibattiti televisivi. Certo, Rtv, non ha mai fatto il copia-incolla delle ordinanze della magistratura convinta che il lavoro giornalistico sia quello di rispondere alla famose 5 W. E ha dato spazio a tutte le notizie e a tutte le voci convinta che, in democrazia, ci sia diritto di cittadinanza anche per chi ha opinioni diverse da quelle di chi ha ritrovato, dopo gli esempi di indagini giudiziarie citate da Marino Cecchetti, una improvvisa verginità. Noi non abbiamo fatto i professori della scuola superiore, e poi i presidi, per tutta la vita, salvo poi inventarci, di colpo, una volta andati in pensione il mestiere di giornalista fatto dal tinello di casa propria. No. Noi abbiamo seguito il percorso professionale che ogni persona che intenda fare il giornalista ha fatto. Ci siamo preparati, abbiamo sostenuto esami, abbiamo seguito corsi e ancora oggi partecipiamo a corsi di aggiornamento. Ma questo, per chi si sveglia un mattino e si scopre il fuoco sacro dell'informazione da salotto, non importa. Per loro è sufficiente non sentirci dire o scrivere, le cose che pensano loro. Gli basta che noi, che i giornalisti li facciamo davvero, invece di dare sfogo alle loro fissazioni, perseguiamo i principi dell'equilibrio e dell'imparzialità, che rispettiamo i confini fra il nostro mestiere e quello dei magistrati, lasciando a questi ultimi il compito di perseguire i colpevoli e di stabilire per loro pene adeguate. Oggi l'ex professore ed altri, hanno scoperto la presenza della malavita organizzata e il malaffare politico, dimenticando, ovviamente, che quando noi ce ne occupavamo, loro non erano ancora nati, ovviamente giornalisticamente, perché l'anagrafe parla chiaro. Caro professore, e cari “soloni” amici suoi, fateci un grande piacere: guardate più attentamente a quello che fate voi, ai vostri scivoloni, alle vostre connivenze. Alle nostre, non avendo interessi da difendere, ci pensiamo noi. E state sereni, anche se non godiamo del vostro personale apprezzamento, ci onoriamo di quello di tante persone, molte delle quali ben più preparate di voi.
I Caporedattori Centrali
Sonia Tura
Sergio Barducci
Questo l'editoriale de L'Informazione
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