Si stringe la morsa attorno a Bengasi, roccaforte della ribellione in Libia: stamani è caduta Marsa el Brega, sede di un importante terminal petrolifero, dove le "bande di criminali armati" - ha detto la tv di Stato - sono state spazzate via dall'esercito di Muammar Gheddafi. "La città e tutta l'area è sotto il nostro controllo", ha confermato all'ANSA un responsabile del governo libico: "L'operazione è stata condotta dalle forze armate e dalle tribù locali". Gli insorti "si sono ritirati ad Ajdabiya" circa 70 km più a nord e ultimo bastione prima di Bengasi, che dista meno di 250 chilometri. Negli ultimi tre giorni nulla sembra arrestare l'offensiva delle forze governative, lanciata a est di Sirte - dove regna la calma più assoluta, come constatato ieri dall'ANSA - e segnata dalla caduta di Ben Jawad e Ras Lanuf (circa 400 km a sud ovest di Bengasi), sede di una delle principali raffinerie del Paese, e verso ovest, con Misurata oramai di fatto accerchiata.
Nel pomeriggio, alle 16 locali (le 15 in Italia) è annunciata a Tripoli una conferenza stampa del ministro della Difesa Abu Baker Yunis Jabir nella quale presumibilmente illustrerà gli ultimi sviluppi dell'offensiva militare, forse anticipando le prossime mosse.
L'ipotesi più accreditata che circola nella capitale è che le forze di Gheddafi possano decidere di sferrare un attacco a Tobruk per tagliare le linee di rifornimento delle "bande di criminali" e iniziare l'assedio di Bengasi.
Nella zona in mano agli insorti, dove ieri è stato ucciso un reporter di Al Jazira, regnerebbe il caos, con i media stranieri, soprattutto francesi, in fase di evacuazione.
Gheddafi martedì scorso, in un discorso ai giovani di Zintan aveva 'profetizzato' la sollevazione popolare nella città, dove la popolazione "é ostaggio dei criminali di Al Qaida".
La versione in inglese di Al Jamahiriya News scrive oggi che le Forze armate hanno ricevuto l'ordine di non attaccare le residue città ribelli, nelle quali i civili inermi "verrebbero usati come scudi umani" dagli insorti che potrebbero "scatenare una mattanza".
A Bengasi "ammaineremo la loro bandiera e isseremo quella della Rivoluzione", ha ammonito ancora il leader libico giorni fa, rievocando la bandiera dell'Italia coloniale "calpestata nella battaglia di Kardun".
Nel pomeriggio, alle 16 locali (le 15 in Italia) è annunciata a Tripoli una conferenza stampa del ministro della Difesa Abu Baker Yunis Jabir nella quale presumibilmente illustrerà gli ultimi sviluppi dell'offensiva militare, forse anticipando le prossime mosse.
L'ipotesi più accreditata che circola nella capitale è che le forze di Gheddafi possano decidere di sferrare un attacco a Tobruk per tagliare le linee di rifornimento delle "bande di criminali" e iniziare l'assedio di Bengasi.
Nella zona in mano agli insorti, dove ieri è stato ucciso un reporter di Al Jazira, regnerebbe il caos, con i media stranieri, soprattutto francesi, in fase di evacuazione.
Gheddafi martedì scorso, in un discorso ai giovani di Zintan aveva 'profetizzato' la sollevazione popolare nella città, dove la popolazione "é ostaggio dei criminali di Al Qaida".
La versione in inglese di Al Jamahiriya News scrive oggi che le Forze armate hanno ricevuto l'ordine di non attaccare le residue città ribelli, nelle quali i civili inermi "verrebbero usati come scudi umani" dagli insorti che potrebbero "scatenare una mattanza".
A Bengasi "ammaineremo la loro bandiera e isseremo quella della Rivoluzione", ha ammonito ancora il leader libico giorni fa, rievocando la bandiera dell'Italia coloniale "calpestata nella battaglia di Kardun".
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