“Nei bombardamenti aerei sono stati distrutti un blindato e due depositi di armi”. Ad affermarlo sono i vertici delle milizie di Misurata, che da tempo operano nella zona di Sirte contro l'ISIS. Ma se l'efficacia degli strike statunitensi – richiesti a quanto pare dallo stesso al Serraj – è al momento trascurabile, non si può dire altrettanto degli effetti di carattere geopolitico. Secondo vari analisti si tratterebbe innanzitutto di un segnale alla Turchia: considerata – fino ad oggi – il principale sponsor del Governo di Tripoli. Un'interferenza che Erdogan - in aperta frizione con la Nato, e che tra qualche giorno incontrerà Putin – certamente non ha gradito. Tanto che oggi è tornato a tuonare contro Stati Uniti ed Occidente, accusati di “stare dalla parte dei golpisti”. Il tentativo di colpo di Stato – ha detto il Presidente turco -, è stato orchestrato dall'Estero”. E non sono mancate parole di fuoco per l'Italia; “si occupi della mafia – ha ammonito – non di mio figlio”, facendo riferimento all'indagine della Procura di Bologna. E che l'intervento americano su Sirte, rappresenti una sorta di risposta al processo di riavvicinamento tra Ankara e Mosca, sembrerebbe confermato anche dal piccato commento dell'ambasciatore russo in Libia, che ha parlato di raid “illegali”, poiché privi dell'assenso del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Duro anche il commento del Governo di Tobruk. “Le decisioni prese dal Governo di unità nazionale libico – è stato detto - sono una violazione della Costituzione e dell'accordo politico”. Il problema è che l'Esecutivo che controlla la Cirenaica è appoggiato dall'Egitto, e - seppur non ufficialmente - dalla Francia. L'azione americana, insomma - seppur poco più che simbolica – è andata ad alterare pesantemente equilibri ed alleanze. In Italia, nel frattempo, ci si interroga sul da farsi. “Se ci saranno richieste sull'uso della base di Sigonella – ha dichiarato il ministro Gentiloni -, si faranno le dovute valutazioni e sarà informato il Parlamento”
Riproduzione riservata ©