“Pecunia non olet”, “il denaro non puzza” recita un antico adagio latino e San Marino l’ha fatto proprio per anni attirando capitali senza accertarne la provenienza. La riservatezza del sistema bancario-finanziario e societario ha calamitato di tutto: evasione fiscale e anche i soldi della criminalità organizzata. Capitali che, con lo schermo del segreto, sono poi stati in parte“ripuliti” e reinvestiti in attività legali e nel settore immobiliare. Gli esperti dell’antimafia italiana lo dicevano da anni ma il tessuto economico-sociale-giudiziario e politico sammarinese, fino a ieri, ha ignorato o peggio, ha voluto ignorare, il rischio ventilato. Eppure evidenti segnali della presenza malavitosa c’erano stati. Nel luglio del 2005, un boss latitante della ndrangheta, Giovanni Lentini, fu catturato a Serravalle in un appartamento. Estradato in Italia è stato condannato all’ergastolo. Perché aveva scelto San Marino per nascondersi? In una intercettazione tra ‘ndranghetisti del clan Alvaro, agli inizi del 2009, si parla di San Marino come luogo in cui trasferire 1 milione 700 euro di cash. Il procuratore aggiunto di Palermo Ingroia ha scoperto inoltre, sempre agli inizi del 2009, un ‘pizzino’ tra esponenti del Clan mafioso Lo Piccolo che recitava testualmente “San Marino società finanziaria investimento edilizio commercialista fa tutte cose”. C’è poi la recente operazione “Vulcano” della Dda di Bologna che ha messo in chiaro la presenza sul Titano del Clan Vallefuoco. Sulle infiltrazioni mafiose a San Marino non ci sono piu’ dubbi: resta da capire in quale misura abbiano contaminato il sistema e con quali strategie operative si pensa di liberarsene.
Luca Salvatori
Luca Salvatori
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