Circa 27mila bambini messicani lavorano direttamente per le organizzazioni criminali dedite al traffico di droga, ma l'impatto delle "narcomafias" sui minorenni è ben più vasto, secondo un rapporto della Rete per i diritti dell'infanzia (Redim), una Ong specializzata su questi temi, che è stato presentato oggi alla stampa. I bambini sono usati dai "narcos" per commettere ogni sorta di delitto, da semplici furti a omicidi, e "questo fenomeno, diffuso su tutto il territorio messicano, è più frequente nelle zone più povere e marginali dove le armi, la violenza e la droga sono ormai ingredienti comuni del crimine organizzato", si legge nel documento. Nella zona metropolitana di Monterrey (stato di Nuevo Leon, norte del paese), ad esempio, nel biennio 2010-12 il numero di reclusi nei riformatori per minorenni è aumentato del 424%. E tra loro l'80% è stato accusato di delitti gravi. Il che dimostra, secondo il rapporto, che "date certe condizioni il crimine è l'unica scelta che rimane ai minorenni per soddisfare le loro necessità". Alla povertà e alla presenza del traffico di droga si aggiungono altri fenomeni ecomici e sociali: a Città Juarez - stato di Chihuahua, annessa ala zona metropolitana di El Paso, Texas, dall'altra parte della frontiera Usa - una delle conseguenze del boom delle "maquiladoras" (fabbriche di assemblaggio) è l'alto numero di madri single che lavorano, lasciando circa 100mila bambini soli a casa tutto il giorno, e diventano facili prede per il reclutamento delle "narcomafias".
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