Ha scelto di essere sepolto qui: una collina che la natura ha modellato, proprio dentro la sua missione “Les Buissonnets”, costruita e fatta crescere in oltre 30 anni, a Lubumbashi. La sepoltura, sabato scorso, dopo i tempi necessari in attesa di ricevere l'autorizzazione dal governatore. Un attaccamento reso vivo nell'omaggio continuo, tra messe, veglie, momenti di ricordo del carisma del frate dei carmelitani scalzi, giunto in Congo nel 1968 proprio per portare in Africa l'ordine religioso. In migliaia, sono arrivati dal villaggio, dalle campagne circostanti per ringraziare quello che tutti chiamavano “il patriarca”: Marcellino era il più anziano, quello che da più tempo aveva legato la propria vocazione allo sviluppo e al riscatto di quelle popolazioni. Immagini amatoriali realizzate da Marino Pelliccioni dell'Associazione “Amici di Padre Marcellino”: era fino a ieri in Congo e torna a San Marino carico di testimonianze.
Suon Giovannina conosceva Marcellino dalla sua prima discesa in Africa. L'accoglienza la prima caratteristica, per “un sognatore concreto – così lo definisce – fragile nel corpo, fortissimo nello spirito”. E così lo ricorda anche l'infermiera che lo ha assistito lungo la malattia e fino all'ultimo giorno, riportandoci le sue ultime parole: “anche il baobab, che è l'albero più forte, muore”.
Suon Giovannina conosceva Marcellino dalla sua prima discesa in Africa. L'accoglienza la prima caratteristica, per “un sognatore concreto – così lo definisce – fragile nel corpo, fortissimo nello spirito”. E così lo ricorda anche l'infermiera che lo ha assistito lungo la malattia e fino all'ultimo giorno, riportandoci le sue ultime parole: “anche il baobab, che è l'albero più forte, muore”.
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