Partono verso un futuro ignoto che sperano sia migliore del passato e si bloccano davanti a un muro di filo spinato elettrificato. Sono gli uomini, le donne e i bimbi in viaggio per una delle vie della più imponente migrazione degli ultimi anni. Al confine tra Serbia e Ungheria, lungo la “rotta balcanica” ormai chiusa, il loro cammino si ferma in campi predisposti che sono stati definiti veri e propri “campi di detenzione”, come spiega Sylvie Bollini, rappresentante del comitato del Consiglio d'Europa contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali sui minori.
Bollini si trova in due aree di transito ungheresi per monitorare la situazione dei minori accompagnati e non accompagnati. Si stima che, dei richiedenti asilo in quella zona, il 41% siano bambini e il 33% donne. Meno del 10% delle richieste viene accettato. I respinti rischiano di essere rimpatriati, oppure di finire di nuovo in Serbia o in Bulgaria.
mt
Nel servizio, l'intervista a Sylvie Bollini del comitato del Consiglio d'Europa contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali sui minori
Bollini si trova in due aree di transito ungheresi per monitorare la situazione dei minori accompagnati e non accompagnati. Si stima che, dei richiedenti asilo in quella zona, il 41% siano bambini e il 33% donne. Meno del 10% delle richieste viene accettato. I respinti rischiano di essere rimpatriati, oppure di finire di nuovo in Serbia o in Bulgaria.
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Nel servizio, l'intervista a Sylvie Bollini del comitato del Consiglio d'Europa contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali sui minori
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