Che strappare Mosul all'ISIS non fosse una passeggiata, era chiaro dall'inizio. Le milizie di Al Baghdadi, controllano la città da 2 anni e mezzo: tempo più che sufficiente per organizzare un efficace sistema di trinceramenti e difese in profondità. Ma non erano previste, forse, così tante difficoltà nell'avvicinamento alla metropoli. Già ferma – dopo la conquista di alcuni piccoli villaggi – l'avanzata dei Peshmerga. L'obiettivo strategico delle forze curde – del resto - è controllare la strada per Kirkuk; lasciando ad altri onori ed oneri – in termine di perdite umane – dell'assedio finale. Rallenta anche l'offensiva dell'esercito iracheno, spalleggiato dalle milizie sciite: ogni piccolo abitato, infatti, deve essere lentamente bonificato dalle trappole esplosive lasciate dai jihadisti. Senza contare i pericoli rappresentati da cecchini ed attacchi suicidi. Nel frattempo acquista consistenza l'ipotesi che grossi contingenti di milizie del Califfato possano abbandonare Mosul, per evitare l'annientamento, e recarsi a combattere in Siria. Un video, diffuso in queste ore, mostrerebbe Sukhoi 25 iracheni, distruggere un convoglio dell'ISIS in fuga dalla città. Il pericolo, sottolineano alcuni analisti, è che i terroristi del Califfato intendano raggiungere Deir Ez Zor, in Siria, per dare la spallata finale alle truppe di Assad che – da anni – resistono, completamente isolate, all'assedio dello Stato Islamico. Nelle scorse settimane, poco dopo gli accordi di Ginevra, un bombardamento della coalizione a guida americana aveva provocato una strage tra le fila dei governativi, permettendo alle forze di Al Baghdadi di conquistare terreno. Ad Aleppo, infine, le forze aeree russe e siriane hanno interrotto in anticipo i raid, in vista della pausa umanitaria del 20 ottobre. L'obiettivo – è stato detto – è garantire l'uscita in sicurezza, dalla parte orientale della città, dei cittadini pacifici – attraverso 6 corridoi –, e preparare l'evacuazione di malati e feriti.
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