I clan della camorra, quella dei Casalesi, dei Fidanzati, degli Stolder, utilizzavano San Marino per riciclare denaro, frutto di racket, traffico di droga, usura ed estorsione, ma anche di decine di rapine in banca messe a segno dalla classica banda del buco, che dalle fogne di Napoli piombavano negli istituti, sequestravano i clienti e razziavano i caveau. Con l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli sono state arrestate 25 persone, in un blitz all’alba su richiesta della Direzione investigativa antimafia. Le manette sono scattate di nuovo anche per l’avvocato sammarinese Livio Bacciocchi, già arrestato a febbraio poi tornato in libertà. Si trovava nella caserma dei carabinieri di Rimini per l’obbligo di firma. E’ stato portato ai Casetti. Con lui, finiscono nei guai anche i sammarinesi Roberto Zavoli e Oriano Zonzini: si dovrà procedere per rogatoria. Un duro colpo alla storica organizzazione camorristica, che vanta tra gli appartenenti il boss Raffaele Stolder, imparentato con la famiglia Giuliano. L’attività criminale, spiega il capo centro della Dia di Napoli Maurizio Vallone, poteva contare su una sofisticata rete di riciclatori attiva nel centro e nord Italia. Era Francesco Vallefuoco a capo di questa rete, nome già noto a San Marino, dove i fratelli gestivano l’omonimo panificio ed anche un bar lì vicino, il Mod’s Kafè: aveva un’attività di recupero crediti, anche con metodi violenti e minacce. Tra le società utilizzate, la Ises di Rimini. Tra Vallefuoco e Stolder c’era un patto illecito: grazie alla finanziaria Fincapital, in mano a Bacciocchi e diretta da Oriano Zonzini, secondo gli inquirenti sono stati reinvestiti fino a 5 milioni di euro: i soldi degli Stolder e di altri gruppi camorristici, come il gruppo di Giuseppe Setola, coinvolto nella strage degli extracomunitari a Castelvolturno. E proprio a San Marino il sanguinario killer aveva trovato rifugio, nell’autunno 2008, subito dopo la strage. La Procura di Napoli parla di “pactum sceleris” esistente tra Vallefuoco e Bacciocchi, messi in contatto da Roberto Zavoli, che lavorava nella Za.Va. Group, così chiamata dalle iniziali dei cognomi Zavoli e Vallefuoco. Poi sorsero i contrasti, Bacciocchi non aveva gradito il coinvolgimento dei Casalesi, di cui pure era a conoscenza. Operazioni azzardate avevano messo in crisi il buon nome della Fincapital, diceva. Ma ormai i patti erano stipulati.
Francesca Biliotti
Francesca Biliotti
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