A fare notizia oggi è il silenzio del Papa, di questo Papa che, a volte, è accusato di parlare troppo. Francesco nel campo di concentramento di Auschwitz si è seduto su una panchina all'esterno e ha pregato da solo in silenzio per diversi minuti. Poi un altra lunga, silenziosa preghiera, al blocco 11, dove si trova la cella di san Massimiliano Kolbe, il francescano polacco che offrì la sua vita ai nazisti in cambio di quella di un padre di famiglia. Questo silenzio pellegrinaggio di preghiera arriva 37 anni dopo la prima visita di un Pontefice, Giovanni Paolo II, e 10 anni dopo quella di Benedetto XVI. Tre Papi, tre percorsi pastorali, la stessa costernazione nel luogo dove l'uomo ha raggiunto la malvagità più orrenda, sterminando con lucidità metodica gli ebrei, gli avversari politici, i rom, gli omosessuali. Qui Wojtila parlò della dignità dell’uomo e dei suoi diritti inalienabili ma così facilmente calpestati. Basta, chiese, rivestire l’uomo di una divisa diversa, imporgli l’ideologia nella quale i diritti sono sottomessi alle esigenze del sistema, così da non esistere di fatto? Qui risuonano ancora le parole del Papa tedesco: “Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? In questo luogo resta soltanto uno sbigottito silenzio che, aggiunge Benedetto, diventa domanda di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa. Ed è questo che Papa Francesco ha scritto lasciando Auschwitz: "Signore, abbi pietà del tuo popolo! Signore, perdona tanta crudeltà"
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