“L'antisemitismo non è cessato anche dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale". Così il Presidente della Fondazione Museo della Shoah, Mario Venezia. "Ricordo che per molti anni, in linea di massima, i sopravvissuti non hanno potuto parlare, non hanno testimoniato perché non venivano creduti. In più c'è stato un tentativo in molti Paesi tra cui anche l'Italia di calare un velo su quelle che potevano essere anche le responsabilità. Quindi l'aspetto relativo ad un antisemitismo sotterraneo, come si è definito, era ben noto. Adesso è esploso in forma drammatica, visibile – con riferimento all'efferato attacco di Hamas del 7 ottobre e successivi rigurgiti in Europa e non solo – è un antisemitismo non europeo. Cioè – spiega Venezia - l'origine non è europea però poi si propaga facilmente perché è facile andare contro qualcuno. E' più difficile – sostiene - costruire una narrazione sul positivo, è molto più facile demolirla e mettere in condizione l'altro di dover spiegare”.
Mario Venezia raccoglie l'eredità di dolore del padre Shlomo, scomparso nel 2012 e fino ad allora tra i testimoni più attivi della Shoah. Ebreo italiano, nato a Salonicco, fu deportato poco più che ventenne ad Auschwitz-Birkenau e obbligato a lavorare nei Sonderkommando, le unità speciali costrette a rimuovere i corpi dalle camere a gas e di cremazione. Fu uno dei pochi superstiti a quelle atrocità. Solo a metà degli anni '90 riuscì ad abbattere il muro del silenzio che lo aveva annichilito e cominciò a raccontare pubblicamente la sua verità. Ma cosa direbbe oggi di fronte agli attuali scenari? “Mio padre - dice Mario Venezia - avrebbe avrebbe reagito sicuramente come fece effettivamente anni fa quando un folto gruppo di naziskin manifestava per le piazze di Roma e imbrattò i negozi di alcune strade commerciali della città con svastiche e scritte contro gli ebrei, una di queste era proprio sulla vetrina del bar dove papà andava quasi tutte le mattine a fare colazione con mia mamma; e quando lui ha visto questa svastica ha avuto una reazione decisa per scendere in campo e partecipò ad una manifestazione per strada. Non era giovane, era sempre stato molto mite ma davanti a questi segnali è sceso in campo e credo che lo avrebbe fatto anche adesso, sempre con la forza della ragione, non con la forza fisica questo è chiaro”.
Nel video il contributo del Presidente della Fondazione Museo della Shoah, Mario Venezia.