La parola “condanna”, utilizzata dal vescovo Negri in riferimento all’istanza d’Arengo a tematica LGBT, riporta ai secoli bui della storia, così come le posizioni in generale della chiesa riguardo alle unioni civili. Innanzitutto credo sia doveroso non diffondere notizie distorte. Negri ha parlato di convivenze, di famiglia (tra l’altro, facciamola finita con questa storia dell’ordine naturale delle cose e della famiglia come una realtà “naturale”. Ma diciamo le cose come stanno: non vi è nulla di naturale nelle istituzioni sociali, sono prodotti dell’uomo, non della natura) mentre l’istanza d’Arengo è molto più specifica, perché riguarda la regolamentazione dei permessi di soggiorno e residenze per le coppie in cui uno dei due componenti è di cittadinanza non sammarinese. Ci tengo a sottolineare questo perché da quando l’istanza è passata, pare che a breve a San Marino anche le coppie dello stesso sesso possano unirsi civilmente o sposarsi (come invece dovrebbe già accadere) ma non è così. L’istanza d’arengo, chiede che le coppie composte da persone dello stesso sesso possano richiedere permesso per convivenza così come accade già per le coppie composte da persone di sesso opposto. Ma perché tanta condanna al governo di San Marino da parte di Negri? Forse non sa che due uomini o due donne, entrambi sammarinesi, possono, senza alcuna legge specifica, convivere tranquillamente sotto lo stesso tetto e avere pure lo stato di famiglia insieme, senza l’obbligo di dover dichiarare la specificità della loro relazione a nessun ufficio? E forse non sa che (dato che di frequente noi sammarinesi ci innamoriamo anche di persone non sammarinesi) questo genera un trattamento differenziato per cittadini che svolgono tutti i giorni, così come tutti gli altri, il loro dovere di cittadini e cittadine? In caso di discriminazione e di ingiustizie, è il governo che deve farsi carico dei problemi e risolverli quando, come spesso accade, “la legge NON è uguale per tutti”. E’ un compito politico questo, non della chiesa, che pertanto potrebbe, come è concesso a tutti, solo esprimere la sua opinione, ma senza condannare nessuno. Qual è l’obiettivo di questa condanna? Suppongo, provocare il senso di colpa in qualche consigliere devoto che, magari, ha votato “sì” a quella istanza? Io non ho mai capito e continuerò a non capire mai il perché di tanto accanimento da parte della chiesa verso persone. Ma non si rendono conto che a sentenziare contro le persone, solo perché il loro orientamento sessuale è differente da quello etero, contribuiscono a fomentare l’odio, la violenza omofoba, la rabbia, il mancato rispetto della differenza? E’ questo che la chiesa vuole? Odio e violenza contro le persone gay? Aggressioni per la strada e ragazzini/e vittime dei bulli a scuola? Ho avuto anche io un’educazione cattolica e non mi è di certo stato insegnato questo. Ma poi, quanta ipocrisia c’è in tutto questo? Quanto controsenso? La chiesa propone l’amore, il rispetto, poi condanna a vita due persone dello stesso sesso che vogliono amarsi. Ma l’amore non era un valore cristiano? Ecco perché la laicità dello Stato, anche a San Marino, diventa una questione sempre più importante. Perché con certe ipocrisie, con la fede che diventa ideologia, si vanno a creare ingiustizie tra la cittadinanza, che agli occhi dello Stato deve essere tutta uguale. Prima di tutto siamo esseri umani che si regolano con le leggi dell’umanità, e poi esseri sociali che si regolano con le leggi della società. La spiritualità deve essere qualcosa di esterno e personale a tutto questo. Non si giudicano le persone in base al loro orientamento sessuale, anzi, non si giudica. Cosa è successo in quegli Stati in cui a tutte le persone, e sottolineo tutte, è permesso dalla legge di unirsi civilmente? Epidemie, peste, colera? Si è scatenata su di loro l’ira degli dei? E’ sparita la religione? Nulla di tutto questo. Così San Marino, con l’approvazione di questa istanza, ha dimostrato di voler andare avanti, ha dimostrato di avere a cuore la felicità, la serenità, la dignità di tutta la cittadinanza. E a me, che sono il promotore di quell’istanza, e a tutti i firmatari e le firmatarie della stessa, ora spetta il compito di vigilare sull’operato della politica affinché si adoperi per apportare le dovute modifiche all’art. 15 della legge 118/2010 “permessi di soggiorno e residenze” entro i termini previsti, ovvero entro sei mesi dall’approvazione dell’istanza.
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