"Non siamo in grado di dire se domani ci sarà un terremoto, ma di calcolare delle probabilità", ha detto all'Ansa il sismologo Warner Marzocchi, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Pare infatti che i primi modelli di previsione dei terremoti funzionino, come dimostrano i test della rete internazionale Csep (Collaboratory for the Study of Earthquake Predictability), cui l'Italia partecipa con ricercatori dell'Ingv, accanto a California, Nuova Zelanda e Giappone.
I test condotti dalla rete Csep, pubblicati da Marzocchi e Matteo Taroni sulla rivista Seismological Research Letters, riguardano il periodo 2009-2014 e comprendono anche il test basato sui dati del terremoto del 2012 in Emilia Romagna. In pratica, si legge, se le probabilità di un terremoto "sono del 5%, questo significa che in media una volta su 20 in quelle particolari condizioni ci sarà un terremoto". Quindi non proprio una previsione, ma la possibilità di indicare come le probabilità cambiano nel tempo e nello spazio. Dopo questo primo round si prevedono altri cinque anni di test dei modelli.
I test condotti dalla rete Csep, pubblicati da Marzocchi e Matteo Taroni sulla rivista Seismological Research Letters, riguardano il periodo 2009-2014 e comprendono anche il test basato sui dati del terremoto del 2012 in Emilia Romagna. In pratica, si legge, se le probabilità di un terremoto "sono del 5%, questo significa che in media una volta su 20 in quelle particolari condizioni ci sarà un terremoto". Quindi non proprio una previsione, ma la possibilità di indicare come le probabilità cambiano nel tempo e nello spazio. Dopo questo primo round si prevedono altri cinque anni di test dei modelli.
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