Condannato a tre anni per i reati di truffa, calunnia e abuso di fogli firmati in bianco. Il giudice Ceccarini ha ordinato a Loris Bassini, unico imputato nel processo Finbroker, anche la restituzione della somma oggetto della contesa processuale. Somma che dovrà essere quantificata, calcolando gli interessi e i tassi di cambio, lira/dollaro, lira/franchi svizzeri.
Si, perché all’epoca dei fatti e cioè fine 2000 inizi 2001, non era ancora in circolazione l’euro. La posta, in gioco si aggira, comunque, attorno ai 20 miliardi di lire. E una parte consistente di quei soldi è costituita dalla mediazione percepita dal conte Pier Francesco Vitali per l’affaire Telekom Serbia. Il giudice Ceccarini ha dunque accolto le tesi della parte civile, rappresentata dall’avvocato Valentina Angeli, coadiuvata dall’avvocato Gianna Burgagni. Nell’arringa finale, l’avvocato Angeli aveva anche quantificato la somma da restituire in oltre 13 milioni di euro. Denaro che nel 2000 era transitato da una banca svizzera alla Banca di San Marino.
Il conte Vitali e sua moglie Miryam Tedeschi li avevano affidati a Bassini, che era titolare della finanziaria Finbroker, fidandosi, perché Bassini era il convivente di Silvana Spina, amica di famiglia dei coniugi Vitali. Ma poco dopo questa operazione, in Italia, entro’ in vigore il cosiddetto scudo fiscale, che consentiva la regolarizzazione dei capitali investiti all’estero, sanandoli con il versamento di una percentuale del 2.5%. I coniugi Vitali decisero quindi di dichiarare i soldi detenuti all’estero, chiedendone, a Bassini, la restituizione. Ma di quei quasi 20 miliardi di lire ottennero solo 450 milioni.
Di qui, la denuncia all’autorità giudiziaria. L’istruttoria e poi il processo, cominciato nel settembre 2005. Bassini, rappresentato dall’avvocato Marco Martines, coadiuvato dall’avvocato Manuel Micheloni, sostiene invece di aver restituito tutti i soldi, e il suo collegio difensivo ha prodotto atti a dimostrare questa versione dei fatti. L’avvocato Martines ha quindi chiesto l’assoluzione con formula piena o, in subordine, per intervenuta prescrizione dei reati.
Il procuratore del Fisco Roberto Cesarini aveva invece chiesto una condanna complessiva a 4 anni e mezzo. Il giudice, dopo un’ora circa di Camera di Consiglio, ha emesso la sentenza di condanna a tre anni, disponendo – oltre alla restituzione della somma – anche la confisca dei beni sotto sequestro.
Una vicenda che non finisce qui, perché parallelamente si sta svolgendo un procedimento in sede civile.
Si, perché all’epoca dei fatti e cioè fine 2000 inizi 2001, non era ancora in circolazione l’euro. La posta, in gioco si aggira, comunque, attorno ai 20 miliardi di lire. E una parte consistente di quei soldi è costituita dalla mediazione percepita dal conte Pier Francesco Vitali per l’affaire Telekom Serbia. Il giudice Ceccarini ha dunque accolto le tesi della parte civile, rappresentata dall’avvocato Valentina Angeli, coadiuvata dall’avvocato Gianna Burgagni. Nell’arringa finale, l’avvocato Angeli aveva anche quantificato la somma da restituire in oltre 13 milioni di euro. Denaro che nel 2000 era transitato da una banca svizzera alla Banca di San Marino.
Il conte Vitali e sua moglie Miryam Tedeschi li avevano affidati a Bassini, che era titolare della finanziaria Finbroker, fidandosi, perché Bassini era il convivente di Silvana Spina, amica di famiglia dei coniugi Vitali. Ma poco dopo questa operazione, in Italia, entro’ in vigore il cosiddetto scudo fiscale, che consentiva la regolarizzazione dei capitali investiti all’estero, sanandoli con il versamento di una percentuale del 2.5%. I coniugi Vitali decisero quindi di dichiarare i soldi detenuti all’estero, chiedendone, a Bassini, la restituizione. Ma di quei quasi 20 miliardi di lire ottennero solo 450 milioni.
Di qui, la denuncia all’autorità giudiziaria. L’istruttoria e poi il processo, cominciato nel settembre 2005. Bassini, rappresentato dall’avvocato Marco Martines, coadiuvato dall’avvocato Manuel Micheloni, sostiene invece di aver restituito tutti i soldi, e il suo collegio difensivo ha prodotto atti a dimostrare questa versione dei fatti. L’avvocato Martines ha quindi chiesto l’assoluzione con formula piena o, in subordine, per intervenuta prescrizione dei reati.
Il procuratore del Fisco Roberto Cesarini aveva invece chiesto una condanna complessiva a 4 anni e mezzo. Il giudice, dopo un’ora circa di Camera di Consiglio, ha emesso la sentenza di condanna a tre anni, disponendo – oltre alla restituzione della somma – anche la confisca dei beni sotto sequestro.
Una vicenda che non finisce qui, perché parallelamente si sta svolgendo un procedimento in sede civile.
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