Papa Benedetto XVI ha liberalizzato la messa in latino che potrà ora essere celebrata secondo il rito che era in vigore prima della riforma liturgica. I sacerdoti potranno dire messa in latino senza avanzare richiesta al vescovo. La liturgia ordinaria della Chiesa resta naturalmente quella conciliare. La differenza è che il rito in latino potrà essere adottato da qualunque celebrante senza quasi nessuna restrizione. La liberalizzazione della messa in latino secondo l'antico rito di San Pio V non è destinata a provocare spaccature nella Chiesa, in quanto presuppone «una certa misura di formazione liturgica e un accesso alla lingua latina. Sia l'una che l'altra non si trovano tanto di frequente» afferma Benedetto XVI nella lettera inviata a tutti i vescovi del mondo per illustrare le ragioni che lo hanno indotto a questa scelta.
Benedetto XVI spiega che sono infondati i timori che la liberalizzazione possa in qualche modo mettere in discussione la riforma liturgica o l’autorità del Concilio e ricorda che il rito antico non venne mai giuridicamente abolito. Il motu proprio voluto dal Papa stabilisce che la messa potrà essere celebrata in due forme: ordinaria - segue la riforma liturgica di Paolo VI del '70, può essere usata sempre e dappertutto, in latino e nelle diverse edizioni volgari - oppure straordinaria e viene celebrata secondo i libri liturgici editi da Giovanni XXIII nel '62, sempre in latino.
Se finora serviva un permesso del vescovo per autorizzare la forma straordinaria, dal 14 settembre, data in cui entrerà in vigore il motu proprio, il parroco potrà autorizzare la messa. Resterà ai vescovi il compito di vigilare sull'applicazione, di segnalare eventuali difficoltà alla commissione vaticana «Ecclesia Dei» e, tra tre anni, di fare rapporto alla Santa Sede sull'applicazione di queste norme.
Il parroco che lo riterrà necessario potrà organizzare una «parrocchia personale» per le messe con rito straordinario, se c’è un numero consistente di fedeli che lo desiderino
Benedetto XVI spiega che sono infondati i timori che la liberalizzazione possa in qualche modo mettere in discussione la riforma liturgica o l’autorità del Concilio e ricorda che il rito antico non venne mai giuridicamente abolito. Il motu proprio voluto dal Papa stabilisce che la messa potrà essere celebrata in due forme: ordinaria - segue la riforma liturgica di Paolo VI del '70, può essere usata sempre e dappertutto, in latino e nelle diverse edizioni volgari - oppure straordinaria e viene celebrata secondo i libri liturgici editi da Giovanni XXIII nel '62, sempre in latino.
Se finora serviva un permesso del vescovo per autorizzare la forma straordinaria, dal 14 settembre, data in cui entrerà in vigore il motu proprio, il parroco potrà autorizzare la messa. Resterà ai vescovi il compito di vigilare sull'applicazione, di segnalare eventuali difficoltà alla commissione vaticana «Ecclesia Dei» e, tra tre anni, di fare rapporto alla Santa Sede sull'applicazione di queste norme.
Il parroco che lo riterrà necessario potrà organizzare una «parrocchia personale» per le messe con rito straordinario, se c’è un numero consistente di fedeli che lo desiderino
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