Non succede solo nelle serie televisive. Grazie alle nuove tecniche di ricerca gravi delitti del passato possono trovare una soluzione. A Rimini l’omicidio di Massimo Iorio – assassinato brutalmente nel ’97 – aveva destato sgomento e preoccupazione, specie nella comunità omosessuale. Massimo – Max per gli amici – aveva incontrato casualmente un ragazzo, in Centro. Aveva detto di chiamarsi Michele, lo sconosciuto. Due chiacchiere quindi l’invito a casa di Max, dove i 2 consumarono alcool e droga. Poi, dopo un rapporto sessuale, un’esplosione di rabbia.
Inizialmente le autorità indagarono l’ex compagno della vittima, Fabio: fu lui a scoprire il cadavere e allertare le Forze dell’Ordine. Sempre Fabio riferì di aver visto Massimo insieme a uno sconosciuto il giorno dell’assassinio. Venne fatto un identikit: a posteriori straordinariamente simile a quello dell’omicida. Tutto però fu archiviato. Poi – ha ricordato il PM Gengarelli – lo scorso anno le indagini sono state riaperte, grazie anche all’istituzione dell’Unità Delitti Insoluti. I reperti inviati al RIS di Parma, che ha collegato il profilo genetico dell’assassino ad una famiglia di ROM che – all’epoca dei fatti – risiedeva nel Campo nomadi riminese. Una serie di indizi ha portato poi gli investigatori a Zoran Ahmetovic, che era solito farsi chiamare Michele - proprio come l’assassino - e che da tempo è in carcere a Ferrara per una serie di reati. Non c’è stato bisogno di insistere: Zoran – alias Michele – dopo 15 anni ha confessato tutto. Visibilmente soddisfatto il questore Oreste Capocasa che ricorda quanto questo omicidio - all’epoca - avesse destabilizzato la Città. Nel video il questore di Rimini, Oreste Capocasa
Gianmarco Morosini
Inizialmente le autorità indagarono l’ex compagno della vittima, Fabio: fu lui a scoprire il cadavere e allertare le Forze dell’Ordine. Sempre Fabio riferì di aver visto Massimo insieme a uno sconosciuto il giorno dell’assassinio. Venne fatto un identikit: a posteriori straordinariamente simile a quello dell’omicida. Tutto però fu archiviato. Poi – ha ricordato il PM Gengarelli – lo scorso anno le indagini sono state riaperte, grazie anche all’istituzione dell’Unità Delitti Insoluti. I reperti inviati al RIS di Parma, che ha collegato il profilo genetico dell’assassino ad una famiglia di ROM che – all’epoca dei fatti – risiedeva nel Campo nomadi riminese. Una serie di indizi ha portato poi gli investigatori a Zoran Ahmetovic, che era solito farsi chiamare Michele - proprio come l’assassino - e che da tempo è in carcere a Ferrara per una serie di reati. Non c’è stato bisogno di insistere: Zoran – alias Michele – dopo 15 anni ha confessato tutto. Visibilmente soddisfatto il questore Oreste Capocasa che ricorda quanto questo omicidio - all’epoca - avesse destabilizzato la Città. Nel video il questore di Rimini, Oreste Capocasa
Gianmarco Morosini
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