C'è chi vede, nei devastanti attentati dinamitardi di ieri a Damasco ed Homs, un segno di debolezza del sedicente Stato Islamico. Una sorta di crudele risposta ai rovesci che gli jihadisti di Al Baghdadi stanno subendo sul campo di battaglia. Ieri, mentre le esplosioni nelle due città siriane uccidevano quasi 200 persone, ad est di Aleppo veniva completamente annientata dai governativi, appoggiati dall'aviazione russa, una sacca di alcune centinaia di terroristi dell'ISIS. Intanto si torna a parlare di un cessate il fuoco, a partire da sabato. Gli Stati Uniti e la Russia si sarebbero accordati - secondo quanto riferito da funzionari americani - sui termini e sulle condizioni per la fine delle ostilità. La tregua escluderebbe gli attacchi all'Isis ed ai qaedisti di al Nusra. Ma la Turchia, spaventata anche dai successi dei curdi siriani, sembra seguire un'agenda diversa. “Solo gli attacchi aerei contro il Daesh – ha detto il ministro agli esteri Cavusoglu, in un incontro ad Ankara con il suo omologo italiano Gentiloni - non bastano. E' necessario uno sforzo di terra”. Gentiloni ha invece ricordato che Roma sostiene una soluzione politica. Nel frattempo il quotidiano turco di opposizione laica Cumhuriyet lancia il suo ultimo scoop sulle presunte infiltrazioni dello Stato islamico alla frontiera turco-siriana, denunciando questa volta un diretto coinvolgimento di membri dell'esercito. “Hanno gestito il confine con un emiro dell'Isis”, titola oggi il giornale. Infine una buona notizia: gli ultimi 43 cristiani assiri ancora nelle mani dell'Isis sono stati rilasciati. Erano stati presi in ostaggio un anno fa nel nord-est della Siria
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