L’eutanasia sui dodici cani è stata praticata martedì mattina presto, prima dell’orario d’apertura del rifugio Apas. Le carcasse sono state successivamente incenerite. Il tutto è avvenuto nel massimo riserbo. Solo lunedì tutto faceva pensare che la soppressione non sarebbe stata così ravvicinata. Il dirigente del Servizio Veterinario, Maurizio Berardi, si dichiara convinto della giustezza della scelta. Il focolaio della malattia, al canile di Ca’ Chiavello, avrebbe potuto trasformarsi in una epidemia propagata dalle punture dei pappataci, i piccoli insetti vettori del parassita. E la soppressione di tutti i cani contagiati é stata decisa per evitare questa pericolosa spirale di contagio. Una tesi questa che il servizio veterinario ha sostenuto e continua a sostenere nonostante le voci di dissenso, arrivate a San Marino, attraverso un singolare tam tam mediatico. Al canile Apas, poche ore dopo la cosiddetta “dolce morte” somministrata per endovena ai cani, il clima era surreale. Una tristezza che si percepiva nell’aria, di fronte alle cucce ormai vuote, come questa abitata da Antonio, un bulldog americano soppresso assieme ai suoi 11 compagni. Solo 2 o 3 dei cani abbattuti – i più anziani – avevano manifestato sintomi molto evidenti. Difficile stimare la reale diffusione del parassita in Repubblica.
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