Non un buon momento, a quanto pare, per l'UE. Dopo lo choc Brexit, e le polemiche per la gestione della pandemia, lo strappo della Svizzera; il cui Esecutivo – la scorsa settimana – ha posto termine a 7 anni di negoziati. Si puntava alla conclusione di un accordo istituzionale quadro, per sviluppare i circa 120 trattati bilaterali che danno a Berna accesso al mercato unico. A far precipitare la situazione l'impossibilità a trovare un compromesso, su questioni ritenute strategiche dalle Autorità elvetiche: dagli aiuti di Stato alla protezione dei salari.
“E soprattutto – osserva Simona Cereghetti, corrispondente parlamentare della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana - la direttiva sulla cittadinanza europea che riguarda direttamente la libera circolazione”. Una libera circolazione – aggiunge - che per Berna vale unicamente per i lavoratori dell'Unione Europea in Svizzera, mentre per l'UE riguarda tutti i cittadini europei. Tutto ciò, rimarca la giornalista, “avrebbe comportato in Svizzera un'estensione dell'aiuto sociale, ma anche un cambio di paradigma per quanto riguarda la politica della migrazione sostenuta dai Cantoni e anche dalla popolazione”.
Non un fulmine a ciel sereno, il “no” all'accordo. Un'intesa, raggiunta nel 2018, aveva suscitato, in Svizzera, critiche da destra e da sinistra. Netta, poi, la contrarietà dei sindacati; Bruxelles metteva infatti in discussione la protezione dei salari e soprattutto le “misure d'accompagnamento”. “Un'incognita”, ora - afferma Simona Cereghetti -, il futuro dei rapporti della Svizzera con l'Unione Europea.
Nel servizio l'intervista Skype a Simona Cereghetti - corrispondente parlamentare RSI