Dopo dodici giorni di proteste interne senza precedenti, il regime siriano torna a promettere la fine dello stato di emergenza in vigore da quasi mezzo secolo, ma è costretto a mantenere schierato l’esercito a Latakia, mentre non si placano le proteste dei residenti della città meridionale di Daraa. In attesa del più volte annunciato discorso alla nazione del rais Bashar al-Assad, in tv il governo assicura che la direzione del Baath, al potere da 48 anni, ha deciso di abrogare la legge d’emergenza. Ma la decisione - hanno affermato fonti ufficiali - sarà formalizzata dopo l’approvazione della “legge anti-terrorismo. Altre non meglio precisate fonti ufficiali locali hanno inoltre assicurato che oggi, 29 marzo, il governo siriano si dimetterà, e che “entro la settimana”, ovvero entro il primo aprile, “sarà annunciata una nuova legge sulla stampa e un’altra sui partiti, Quest’ultima dovrebbe preparare la strada al tanto atteso emendamento dell’articolo 8 della Costituzione, che dal 1973 affida al Baath il ruolo “di guida del Paese e della società”. Intanto, secondo organizzazioni umanitarie internazionali e locali, dall’inizio delle proteste sono morte oltre 120 persone.
Le notizie dell'esplosione ieri di un ordigno di fronte a una chiesa nella valle della Bekaa e di scontri a Beirut nel pomeriggio tra sunniti anti- siriani e sciiti pro-Damasco sembrano confermare i timori condivisi da gran parte dei libanesi di pericolose e imminenti ripercussioni locali della crisi in corso del vicino regime siriano.
Le notizie dell'esplosione ieri di un ordigno di fronte a una chiesa nella valle della Bekaa e di scontri a Beirut nel pomeriggio tra sunniti anti- siriani e sciiti pro-Damasco sembrano confermare i timori condivisi da gran parte dei libanesi di pericolose e imminenti ripercussioni locali della crisi in corso del vicino regime siriano.
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