Per i giudici non ci sono dubbi: si tratta di contrabbando. La sentenza del tribunale del riesame di Rimini avvalora il principio della guardia di finanza: su beni iscritti nei pubblici registri sammarinesi il cui consumo avviene in Italia occorre pagare l’iva. A nulla è valsa la tesi della difesa che ricordava che lo yacht dell’imprenditore Piero Isoldi, prima di passare nei registri del Titano, era stato immatricolato nel 2003 in Italia. Il difensore Massimiliano Annetta non ci sta e annuncia il ricorso in cassazione. Precisa che né a lui né al suo assistito è stato notificato il provvedimento di rigetto e di averlo esaminato grazie alla cortesia della società sammarinese intestataria della barca. Non solo non si tiene conto della precedentemente immatricolazione in Italia – accusa l’avvocato - ma, cosa ancor più grave, si richiama all’accordo bilaterale del ’92 e al regolamento del ’97 tra l’allora Cee e San Marino, dimenticando che la materia è stata regolamentata nuovamente nel 2002 con un accordo bilaterale tra San Marino ed Unione Europea. Si tralascia, cioè, l’ultimo trattato che supera i precedenti per ordine di tempo e per rango. L’avvocato Annetta chiederà alla cassazione che ai sensi dell’articolo 267 del trattato di Lisbona tutti gli atti siano trasmetti alla corte di giustizia europea. Non manca di sottolineare l’inerzia degli organi diplomatici sammarinesi che dovrebbero sfruttare i propri canali con l’Italia per chiarire questa violazione delle norme internazionali. Intanto si fa largo, in Repubblica, il timore che questa interpretazione possa aprire ad azioni analoghe nei confronti delle autovetture che circolano in Italia con targa sammarinese. Ma il colonnello del nucleo tributario delle Fiamme Gialle Gianfranco Lucignano spiega che si tratta di due situazioni diverse e che la sentenza dovrà essere approfondita. Insomma: San Marino può stare tranquilla. Per ora.
Monica Fabbri
Monica Fabbri
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