Definita il Vietnam del Medio Oriente, la guerra in Yemen non ha portato a nessun risultato e ad una grave emergenza umanitaria, tanto che l'Onu la considera la più grave crisi attualmente in corso nel mondo. Dimenticata dai media occidentali, dal 25 marzo del 2015, data di inizio del conflitto, ad oggi, l'Onu conta 6.000 morti e oltre 10.000 feriti solo tra i civili, con 20 milioni di persone, ovvero l’80% della popolazione, che dipende unicamente dagli aiuti umanitari, oltre 2 milioni di profughi interni e 8 milioni di persone che rischiano di morire di fame. A questo si aggiunge la distruzione del patrimonio artistico e architettonico di quello che è stato uno dei più antichi centri di civilizzazione del mondo, l’Arabia Felix .
Proprio come in Siria, da una guerra civile è nato un conflitto su scala internazionale: da una parte la coalizione militare sunnita, guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi, e sostenuta dai loro alleati (Stati Uniti in testa), dall’altra i ribelli sciiti Houthi, sostenuti invece dall'Iran.
Dopo essere arrivati con i missili fino a Riyad qualche mese fa, giovedì scorso, come diffuso dall'emittente ufficiale degli Houthi, un drone avrebbe colpito l’aeroporto internazionale di Abu Dhabi. Notizia che tuttavia non è stata confermata dalle autorità emiratine, come del resto non lo era stato l'attacco a Riyad. Abu Dhabi ha parlato invece di un incidente ad un veicolo sulle piste dell'aeroporto, ma il giorno seguente il porto yemenita di Hodeidah è stato bombardato dalla coalizione. Proprio questa città costiera è al momento il principale campo di battaglia, luogo strategico, all'imbocco del mar Rosso, dove transita gran parte del petrolio che dal Golfo rifornisce l'Europa. A giugno la coalizione sunnita aveva ripreso il controllo della città e da allora gli scontri si sono intensificati: sempre la scorsa settimana i ribelli Houthi hanno colpito due petroliere saudite nel Mar Rosso, attacco che ha portato all'attuale sospensione del trasporto di greggio dall'Arabia Saudita.
Intanto, in attesa di capire se l'intervento del nuovo inviato dell'Onu riuscirà a favorire un accordo tra le parti, nel Paese è esplosa una nuova epidemia di colera che ha già provocato 2 mila morti e si è accesa in questi giorni la polemica sul Sudafrica, che, dopo Stati Uniti ed Europa, avrebbe rifornito di ulteriori armi le petrolmonarchie del Golfo.
Elisabetta Norzi
Proprio come in Siria, da una guerra civile è nato un conflitto su scala internazionale: da una parte la coalizione militare sunnita, guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi, e sostenuta dai loro alleati (Stati Uniti in testa), dall’altra i ribelli sciiti Houthi, sostenuti invece dall'Iran.
Dopo essere arrivati con i missili fino a Riyad qualche mese fa, giovedì scorso, come diffuso dall'emittente ufficiale degli Houthi, un drone avrebbe colpito l’aeroporto internazionale di Abu Dhabi. Notizia che tuttavia non è stata confermata dalle autorità emiratine, come del resto non lo era stato l'attacco a Riyad. Abu Dhabi ha parlato invece di un incidente ad un veicolo sulle piste dell'aeroporto, ma il giorno seguente il porto yemenita di Hodeidah è stato bombardato dalla coalizione. Proprio questa città costiera è al momento il principale campo di battaglia, luogo strategico, all'imbocco del mar Rosso, dove transita gran parte del petrolio che dal Golfo rifornisce l'Europa. A giugno la coalizione sunnita aveva ripreso il controllo della città e da allora gli scontri si sono intensificati: sempre la scorsa settimana i ribelli Houthi hanno colpito due petroliere saudite nel Mar Rosso, attacco che ha portato all'attuale sospensione del trasporto di greggio dall'Arabia Saudita.
Intanto, in attesa di capire se l'intervento del nuovo inviato dell'Onu riuscirà a favorire un accordo tra le parti, nel Paese è esplosa una nuova epidemia di colera che ha già provocato 2 mila morti e si è accesa in questi giorni la polemica sul Sudafrica, che, dopo Stati Uniti ed Europa, avrebbe rifornito di ulteriori armi le petrolmonarchie del Golfo.
Elisabetta Norzi
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