Il declino economico, iniziato nel corso dell’ultimo trimestre del 2008, sta ponendo la comunità sammarinese di fronte al gravissimo problema del disagio sociale che giorno dopo giorno si sta diffondendo in maniera sempre più evidente. Il ricorso agli aiuti della Caritas da parte di oltre cinquanta famiglie sammarinesi rappresenta la conferma di quanto stia diventando attuale e diffuso il fenomeno della povertà anche nel nostro Paese. Non si può fare finta di nulla. Occorrono risposte politiche concrete ed immediate per sostenere le persone più deboli e per permettere ai nuclei famigliari maggiormente in difficoltà di non essere confinati ai margini della società. Con l’istituzione del Fondo di Solidarietà nell’autunno del 2011 da parte del Governo, si pensava di aver adottato una soluzione adeguata alle richieste di supporto provenienti da diversi nostri concittadini. Invece, si è rivelato uno strumento inutile ed inefficace, a conferma che le politiche sociali basate sul puro assistenzialismo non solo non funzionano ma sono anche profondamente dannose. Un sistema di protezione sociale moderno ed efficiente ovviamente deve conservare un approccio di tipo solidaristico in favore delle fasce più deboli della società, ma al contempo deve promuovere la reinclusione sociale di tutti quegli individui – in particolare giovani, donne e over 50 – che per svariati motivi vengono tagliati fuori dal mondo del lavoro. Perciò ritengo sia necessario e urgente aprire il confronto politico su questo tema e lo faccio avanzando la proposta di introdurre il “reddito di inclusione sociale”, che incarna una evoluzione rispetto all’impostazione ultra-assistenziale del reddito minimo e che comunque resta coerente con i principi fondamentali che stanno alla base di un sistema welfare orientato a contrastare ogni forma di povertà e di emarginazione sociale. Il reddito di inclusione sociale è uno strumento volto a garantire un diritto sociale universale di assistenza a tutte le famiglie che si trovano in condizioni di povertà ed è fondato sul criterio “dare prima a chi sta peggio”. Si tratta di un provvedimento da inserire all’interno di un “pacchetto di diritti e doveri”, seguendo la logica che gli uni non possono prescindere dagli altri. Infatti, gli individui e le famiglie caduti in povertà assoluta devono vedersi riconosciuto il diritto ad una tutela pubblica ma, contemporaneamente, devono compiere ogni sforzo per raggiungere il loro inserimento sociale, frequentando corsi di formazione o di riqualificazione professionale, assicurando la frequenza scolastica di chi è in età dell’obbligo, portando figli a compiere visite mediche periodiche, rispettando i piani di rientro da morosità nel pagamento dell’affitto e così via. In caso contrario, si decadrebbe dalla possibilità di ricevere il reddito di inclusione sociale. Per rendere sostenibile l’istituzione del reddito di inclusione sociale anche da un punto di vista finanziario, sarebbe opportuno delineare un percorso di progressiva introduzione – spalmato in tre/quattro anni – nell’ambito di un quadro di riferimento pluriennale chiaramente definito, si debbono prevedere incisivi meccanismi di verifica delle condizioni degli utenti e controlli sui loro comportamenti e va messo in campo, nondimeno, un sistema di monitoraggio e valutazione basato su standard internazionali, che permetta effettivamente di imparare dall’esperienza e di utilizzare quanto appreso per migliorare gli interventi. Confido che la politica mostri la necessaria attenzione alla proposta di introdurre il reddito di inclusione sociale, in quanto non può essere perso altro tempo nel dare risposte tangibili ai tantissimi cittadini sammarinesi che vivono una situazione di estrema difficoltà e che hanno smarrito ogni speranza per il loro futuro.
Comunicato Stampa
Simone Celli (Partito Socialista)
Comunicato Stampa
Simone Celli (Partito Socialista)
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